Domenica 20 gennaio, all'età di 90 anni, ci ha lasciato il Prof. Federico Maria Arcamone. L'ultimo saluto il 25 gennaio, a Nerviano. Nel 1951, a Pisa, aveva conseguito la laurea in Chimica, a seguire altri titoli come il Diploma di Licenza della Scuola Normale Superiore di Pisa, il Diplome d’Etudes Superieures de Sciences Physiques de l’Université de Paris, e la Libera Docenza. È stato Direttore della Ricerca e Sviluppo Chimico in Farmitalia (poi Farmitalia Carlo Erba, ora Nerviano Medical Sciences), Direttore dell'Area Terapeutica "Oncologia" e, quindi, quella di Presidente di Menarini Ricerche.

Impegnato fino all'ultimo giorno, nel CdA di Naxospharma e Scientific Advisor di Aesis Therapeutics. Nella sua lunga carriera di scienziato, oltre ai numerosi riconoscimenti, poteva vantare l’essere stato colui che aveva sviluppato alcuni dei farmaci antitumorali ancora oggi usati in tutto il mondo.

Il padre delle antracicline

Molto attivo nell'ambito dei prodotti naturali, le ricerche del Prof. Arcamone puntavano alla scoperta di nuovi antibiotici che spesso si rivelavano essere anche potenti antitumorali. Studiò a fondo il metabolismo dei farmaci ed era molto impegnato nel design di nuove strutture chimiche, magari ispirate alle molecole attive scoperte in natura. Grazie a questo approccio, Arcamone ha contribuito alla scoperta e allo sviluppo di importanti farmaci antitumorali come la doxorubicina (Adriblastin), l’idarubicina (Zavedos) ed l’epirubicina (Ellence), tutti approvati per applicazioni in ambito oncologico e da decenni disponibili sul mercato mondiale.

Ma l’impegno del Prof si spalmava in tutti gli ambiti della ricerca farmacologica e della medicinal chemistry, dallo sviluppo di farmaci ergolinici, dalla sintesi di nucleotidi ai coniugati a citotossici, dalla sintesi di carboidrati ai glicopeptidi.

Tutto questo è certificato da oltre 100 brevetti, 400 pubblicazioni, capitoli di libri, presenza in meeting internazionali come “invited lectures”.

È stato docente associato presso importanti atenei nazionali ed internazionali, soprattutto negli Stati Uniti. È stato membro emerito di Società Scientifiche e presente nei Comitati scientifici di riviste e congressi. È stato Incaricato di Ricerca e consulente presso il Consiglio Nazionale Ricerche (CNR). Negli ultimi anni è stato membro del CdA di Naxospharma e Scientific Advisor di Aesis Therapeutics.

Da decenni, i risultati delle sue ricerche hanno ispirato altri ricercatori impegnati in centri di ricerche pubblici o privati. Numerosi analoghi dei farmaci sviluppati da Arcamone, sono stati e continuano ad essere studiati in varie fasi cliniche e in preclinica. Anche per questo gli sono stati attribuiti molti riconoscimenti come il “Bristol-Myers award for Cancer Chemotherapy”, la Medaglia d’oro dell’Accademia delle Scienze detta dei XL, il “Bruce Cain Awarddella AACR (American Association for Cancer Research), la Medaglia dell’Università di Firenze, la Medaglia d’oro della Federchimica, il "Premio Musajo” e la medaglia d’oro del Gruppo dei Carboidrati della SCI (Società Chimica Italiana).

Un uomo mite

Il Prof. Arcamone è sempre stato un uomo discreto, tant'è che oggi, in occasione della sua scomparsa, si fa fatica a trovare in rete delle sue foto e notizie che lo riguardano. Cosa ben differente in ambito scientifico dove risulta essere una persona molto nota e apprezzata. Non solo in Italia ma in tutto il mondo. Uno scienziato come pochi, umile e lungimirante, appassionato della ricerca dei farmaci pensati come strumento utile ad alleviare le sofferenze dei malati.

In poco tempo a Pomezia, in Menarini Sud (ora Menarini Ricerche), partendo da zero Arcamone riuscì a mettere su un team con ricercatori provenienti da ogni dove. Gli anni ’90 furono quindi caratterizzati da un corollario di brevetti, pubblicazioni e presenze in vari consessi nazionali ed internazionali.

L’epilogo fu lo sviluppo di un nuovo farmaco antitumorale, una nuova antraciclina siglata MEN-10755, chiamata Sabarubicin.

Oggi possiamo dire che con Arcamone se ne va un modo di fare ricerca che appartiene al passato. Quel modo di fare ricerca dove l’immaginazione prevaleva sulla tecnologia. E i risultati erano più appaganti di qualsiasi ricompensa, una visione ormai fuori moda. Adesso tutto è più complesso, tutto è più veloce, tutto è spersonalizzato. E così la stessa figura del ricercatore risulta svilita. Ma, ogni tempo ha i suoi pro e i suoi contro, si tratta solo di capire quali sono.