Non vogliono passare l'eternità accanto a un parente pedofilo. Il caso di una famiglia di Lichfield, nello Staffordshire, ha varcato all'istante i confini inglesi per suscitare un'attenzione mediatica internazionale, giustificata dall'unicità della vicenda.
La famiglia, sulla cui identità vige il più stretto riserbo, se già non sopportava il disonore di avere un simile congiunto nella vita in terra, rifiuta anche solo l'idea di 'condividere' l'aldilà nello stesso sepolcro. Ha perciò sollevato il caso davanti a un tribunale ecclesiastico che gli ha dato ragione: l'indesiderato verrà 'sfrattato' dalla tomba di famiglia e spostato in un'altra zona del cimitero.
Pedofilo, no alla sepoltura nella tomba di famiglia
È la prima sentenza del genere in Gran Bretagna, e forse non solo in questo Paese, comunque destinata a lasciare una precisa traccia e a fare giurisprudenza. Un giudice della Corte del concistoro della Chiesa anglicana, unica autorità competente a decidere in materia di riesumazione di una salma da un luogo consacrato, ha infatti preso una decisione senza precedenti. Ha accolto la richiesta di alcune persone che hanno chiesto che la salma di un parente pedofilo venga rimossa dalla tomba di famiglia in cui riposa con la moglie e i suoceri, in vista del giorno in cui anche loro andranno nell'ultima dimora
Questi familiari, di cui per ragioni legali non sono stati resi noti i nomi né dove precisamente sia collocata la tomba di famiglia, si sa solo che si trova nella diocesi di Lichfield nello Staffordshire, non vogliono che alla loro morte, neanche un granello della polvere di ciò che furono debba affiancarsi a ciò che resta di un violentatore di bambine.
Il rifiuto è stato manifestato con tanta determinazione che il giudice Eyre lo ha ammesso come legittimo, prendendo una decisione storica. Finora, infatti, mai era successo che venisse accolta una richiesta di riesumazione in base al principio ecclesiastico che l'ultima dimora non debba cambiare. Ma l'eccezionalità e gravità del caso ha spinto la Corte del concistoro ad accettare la richiesta.
E ora, quindi, le ceneri indesiderate saranno trasferite altrove.
Parentele 'scomode' persino in una tomba
L'uomo morto nel 2016, riposa da quella data acconto alla moglie con cui era sposato da 40 anni in seconde nozze. Contro di lui non c'è mai stata alcuna condanna perché non è stato mai intentato un processo. Ma i parenti sono certi di quel dicono.
Ad accusarlo di pedofilia era stata una nipote acquisita, la figlia della sorella della moglie, che ha raccontato che, dall'età di cinque fino ai 13 anni, era stata abusata dall'uomo con conseguenze deleterie sulla sua vita. Intendeva denunciarlo, ma poi non l'ha fatto. Sua madre, sorella della defunta seconda moglie, è venuta a conoscenza delle accuse solo nel 2014. Da quel momento, tramite lettera del suo avvocato, aveva negato all'uomo il permesso d'essere sepolto nella tomba di famiglia. La donna aveva incontrato anche il vicario locale spiegandogli la situazione. Ma alla morte dell'uomo nel 2016, per una 'svista' del nuovo vicario, è stato sepolto proprio lì.
Indignazione e rabbia, hanno portato i parenti a ricorrere al tribunale che ora gli ha dato ragione.
Una tomba non può essere un luogo di angoscia e risentimento, ha scritto il giudice nella sentenza senza dubitare della veridicità delle accuse di quella nipote. Una sepoltura deve essere un luogo di preghiera e raccoglimento. D'ora in poi, dunque, per l'indesiderato, riposo eterno ma altrove. E chissà che dopo questo precedente, al tribunale ecclesiastico non arrivino analoghe domande.