La soluzione del giallo del misterioso assassino di Stefano Leo potrebbe essere arrivata, improvvisa ed inattesa, nel pomeriggio di domenica 31 marzo. Solo poche ore dopo la marcia con i palloncini rossi, organizzata dal padre e dagli amici della vittima nei luoghi del delitto, per chiedere che fosse fatta luce sulla morte del giovane, un ragazzo di 27 anni si è presentato in Questura a Torino. “Sono io che l’ho ucciso” avrebbe spiegato ai poliziotti Said Mechaouat, cittadino italiano di origini marocchine. Immediatamente l’uomo è stato condotto presso il Comando dei carabinieri che stanno seguendo da più di un mese le indagini, sotto il coordinamento dei pm Ciro Santoriello e Enzo Bucarelli.

Così ha potuto avere inizio il lungo interrogatorio che si è concluso solo a tarda notte, quando è stato disposto un fermo nei confronti del presunto responsabile, perché indiziato di reato. Infatti, man mano che il racconto procedeva, le affermazioni del reo confesso fornivano sempre maggiori riscontri sulla vicenda, tanto che ad un certo punto si è avuta la certezza di non avere a che fare con un mitomane.

I riscontri al racconto di Said Mechaouat

In particolare sono venuti meno i dubbi sulla veridicità del racconto nel momento in cui Said Mechaouat ha fornito alcuni dettagli importanti sull’arma del delitto. Il 27enne, durante la sua deposizione davanti ai militari del Nucleo investigativo diretti dal comandante Francesco Rizzo, avrebbe indicato anche il luogo in cui aveva nascosto il coltello dalla lunga lama sottile con cui aveva colpito alla gola Stefano Leo.

Infatti i carabinieri lo hanno ritrovato in una casetta di derivazione dell’Enel in piazza d’Armi. Tuttavia non è stato ancora chiarito il movente del delitto: per questa ragione serviranno nuovi riscontri.

Il presunto assassino parla di un improvviso raptus omicida

Said Mechaouat, che soffre di crisi depressive, avrebbe detto di aver incontrato casualmente Stefano Leo quella mattina di sabato 23 febbraio.

Il 34enne nato a Biella e da alcuni mesi trasferitosi a Torino – dopo aver viaggiato a lungo in tutto il mondo – si stava recando, come ogni giorno, nel negozio del centro in cui lavorava, attraversando il lungo Po Machiavelli, la passeggiata pedonale nei pressi del fiume, nella zona dei Murazzi. Il presunto assassino avrebbe assicurato di aver agito in preda ad un raptus, senza alcuna ragione. Il 27enne non ha una dimora fissa ed è seguito dai servizi sociali. Già da tempo la compagna, italiana gli avrebbe impedito di vedere i figli.