Per allentare 'la tensione', si è messo a cucinare e ha preparato il ragù per la pasta: parola di reo confesso. Vittorio Leo, agente immobiliare di 48 anni di Collepasso, provincia di Lecce, ha ammesso di aver ucciso l'anziano padre Antonino Leo, di 89 anni, al culmine di un serrato interrogatorio che la scorsa notte si è protratto per ore. L'uomo, arrestato per omicidio aggravato, ha cosparso il padre di alcol lasciando che bruciasse vivo, al culmine dell'ennesimo diverbio. L'atroce delitto ha scosso il paese nel Salento di neanche 6 mila abitanti.

I fatti

Lo scorso mercoledì, Vittorio Leo, titolare di un'agenzia immobiliare a Collepasso, ha chiamato i carabinieri della locale stazione che dista appena 200 metri dalla scena del crimine, chiedendo il loro intervento nell'abitazone in cui l'anziano padre, docente e preside in pensione, abitava da solo. Circa un anno fa, infatti, l'anziano era rimasto vedovo dopo la morte della moglie, Giovanna Sindaco, anche lei professoressa e per lunghi anni vicepreside presso la locale scuola media. Mentre il figlio vive nello stesso stabile, ma in un diverso appartamento, che accoglie anche la sede della sua agenzia immobiliare. L'altra figlia, medico psichiatra, abita, invece, in provincia di Roma.

All'arrivo dei militari nella villetta bifamiliare di via don Luigi Sturzo, ai loro occhi si è presentata una scena atroce: l'anziano era disteso in bagno, forse da ore, con il corpo parzialmente bruciato.

I militari si sono subito fatti un'idea di ciò che poteva essere accaduto, dopo aver trovato al piano interrato dell'abitazione residui di liquido infiammabile in un contenitore di plastica. Sul posto, con gli uomini del Nucleo operativo radiomobile di Casarano e del Nucleo investigativo di Lecce e i colleghi della Sezione investigazioni scientifiche per i rilievi, è intervenuto il medico legale Alberto Tortorella che ha riscontrato su gran parte del corpo della vittima ustioni di secondo e terzo grado.

Intanto, il figlio era stato portato in caserma.

La confessione

"Dopo la morte di mio padre ho prima lavato tutto il pavimento, poi ho cucinato della pasta con del ragù, non perché avessi fame": voleva smorzare la tensione che aveva addosso. Messo sotto pressione per ore dagli inquirenti, all'alba di ieri, Vittorio Leo finalmente ha confessato il parricidio in tutta la sua aberrante atrocità, soffermandosi su particolari inquietanti, oggi confermati al gip, Giovanni Gallo, che lo ha interrogato nel carcere di Borgo San Nicola, a Lecce, dove è recluso, dovendo decidere sulla convalida del fermo.

Davanti al pm, Luigi Mastroniani, e alla presenza del proprio legale, Francesca Conte, aveva già ricostruito l'accaduto. Mercoledì alle 13 e 30, si trovava a casa di suo padre che era in cucina per preparare il pranzo. Tra loro è nato l'ennesimo diverbio: il padre, uomo scontroso e per il figlio figura ingombrante, lo avrebbe insultato dicendogli che era un buono a nulla e invitandolo ad andarsene. A quel punto, mentre il fornello era acceso, il figlio che aveva in mano una bottiglietta di alcol per disinfettarsi una ferita, ha lanciato il liquido addosso al padre che immediatamente si è trasformato in torcia umana.

L'anziano sarebbe corso in bagno, cadendo a terra nell'inutile tentativo di spegnere le fiamme.

Il figlio che non ha mosso un dito per salvarlo, ha tentato di giustificarsi dicendo che sarebbe stato preso dal panico, rimanendo pietrificato. Poi, però, mentre il padre giaceva a terra morto, ha pulito e messo in ordine la casa e, per 'rilassarsi', ha mangiato un piatto di pasta e si è riposato sul divano. Inoltre, ha staccato il telefono e i quadri elettrici dell’appartamento per evitare che qualcuno citofonasse, ed ha aperto le tapparelle "per far andare via il fumo e l’odore acre". Al magistrato ha detto che non voleva uccidere il padre: si sarebbe trattato di un raptus scatenato dalle parole del genitore che lo avrebbe sempre umiliato e avrebbe sempre preferito la sorella a lui.

Continui scontri in famiglia

Il padre non avrebbe mai smesso di 'bacchettare' il figlio: a distanza di tanti anni, avrebbe continuato a rinfacciargli il fatto di non essersi mai laureato e di aver interrotto gli studi di ingegneria per un lavoro ritenuto poco onorabile. Leo ha raccontato agli inquirenti di liti continue, pressoché quotidiane, e di rimproveri paterni vissuti come incessanti mortificazioni.

I rapporti familiari erano burrascosi anche con la sorella, al punto che lui le aveva intentato causa su questioni patrimoniali, e c'erano continui alterchi sulla gestione dell'anziano padre. Questioni su cui il fermato non faceva mistero: aveva persino pubblicato gli atti giudiziari contro la sorella sulla pagina Facebook della sua agenzia. L'ultimo post è del 19 maggio. Segnale di una tensione crescente culminata con questo epilogo atroce.