Sono una delle opere d'arte più belle mai ritrovate nel mondo, eppure, a distanza di tantissimi anni, il loro ritrovamento continua a far discutere. Non tanto per la datazione, quanto per gli effettivi scopritori: stiamo parlando dei cosiddetti Bronzi di Riace, due statue ritrovate nelle acque a poca distanza dalla costa della cittadina calabrese. Tutto avvenne il 16 agosto del 1972: il sub Stefano Mariottini, nel corso di una esplorazione subacquea, si accorse che qualcosa spuntava dal fondo del mare. Avvicinandosi scoprì che quelli erano i resti di due gigantesche statue antiche, risalenti secondo gli studi storici al V secolo a.C.
Ma se la storia ufficiale dice che fu Mariottini a scoprire per primo i preziosi reperti, quattro ragazzini, ormai da quell'agosto del 1972, sostengono il contrario, ovvero di essere loro ad aver scoperto per primi i bronzi riacesi. Il giornalista Antonino Monteleone, della trasmissione Le Iene, ha voluto vederci chiaro una volta per tutte, e si è recato negli scorsi giorni a Riace per ascoltare i protagonisti di questa storia.
La 'iena' aggredita da una persona
Il cronista Monteleone ha per prima cosa intervistato il presunto primo scopritore dei Bronzi di Riace, appunto lo stesso Mariottini. Lui ha dichiarato che i bronzi fossero assolutamente due, ma non si è espresso sulla presenza di eventuali scudi, elmi e lance.
Il giornalista, proprio mentre stava facendo delle domande al sub, è stato improvvisamente avvicinato da una persona, le cui generalità non sono state diffuse, ed è stato aggredito, anche con una testata, così come si vede nel video girato dal cameraman presente con Monteleone sul luogo dell'intervista. Anche i ragazzini, adesso adulti, sono stati intervistati dalla trasmissione Mediaset, e hanno continuato a sostenere la loro versione.
Il primo ad accorgersi delle statue sommerse fu Cosimo Alì, che allora era alle prime armi con la pesca subacquea.
Forse un terzo bronzo
Nella denuncia di ritrovamento presentata da Mariottini alcuni giorni dopo, si leggerebbe che all'appello, oltre alle armature, mancherebbe forse un terzo bronzo. Le statue adesso si trovano esposte pubblicamente al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.
Il sub ha avuto anche un vistoso premio in denaro per la sua scoperta, pari a circa 125 milioni di lire. Cosimo Alì, una volta avvistati i reperti, avvisò suo fratello Antonio, e i suoi amici Giuseppe Sgrò e Domenico Campagna, che si tuffarono in acqua per vedere da vicino che cosa ci fosse sotto il fondale. Pochi giorni dopo il gruppo presentò una denuncia. Nel frattempo la notizia del ritrovamento fece il giro della spiaggia, e arrivò alle orecchia del sub Mariottini che, come già detto, presentò anch'esso una denuncia per segnalare la presenza dei bronzi a poca distanza dalla costa calabrese. Secondo l'accusa, Mariottini vinse il premio grazie all'intervento del Soprintendente Giuseppe Foti, che produsse in suo favore una prova magistrale, ovvero una telefonata ricevuta la sera del 16 agosto 1972, la quale lo informava tramite un interlocutore che lì sotto c'erano delle statue antiche.
Nelle sere successive, alcune imbarcazioni furono viste armeggiare sul luogo del ritrovamento, e a detta dei ragazzini le persone a bordo stavano tentando di trasportare a bordo qualcosa di pesante, e per questo fusero anche i motori dei natanti. I reperti furono recuperati dalle autorità italiane pochi giorni dopo.