La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo si è espressa nelle scorse ore circa l'utilità del "fine pena mai", ovvero il carcere a vita, nei confronti dei mafiosi. Per la Corte il trattamento che l'Italia riserva a questi ultimi sarebbe disumano, e la reclusione a vita dietro le sbarre nei confronti delle persone accusate di essere mafiose va rivista. La decisione era stata già presa dallo stesso organo europeo il 13 giugno scorso. Dobbiamo precisare, questo per dovere di cronaca, che l'Ente in questione non ha nulla a che vedere con l'Unione Europea, essendo un organismo indipendente da quest'ultima, di cui però anche il "Bel Paese" fa parte.

In Italia infatti, come si sa, chi è condannato per reati quali mafia e terrorismo non può chiedere e ottenere la libertà, men che meno permessi premio o qualsiasi altra agevolazione: per questo il regime di detenzione viene detto "ostativo".

L'Italia dovrà pagare le spese ad un detenuto per mafia che ha fatto ricorso alla Corte

Già lo scorso giugno, sui media locali, era apparsa una notizia simile, in quanto il detenuto Marcello Viola, condannato per mafia, ha fatto ricorso proprio negli scorsi mesi alla Corte Europea in questione, la quale aveva espresso parere favorevole alla sua richiesta. Proprio in quell'occasione l'Ente europeo stabilì che la pena in questione non era assolutamente educativa, soffermandosi sul carattere esclusivamente punitivo delle regole italiane.

Per la Corte tutti i detenuti devono avere un'altra possibilità e ottenere la riabilitazione per poter tornare nella società. Confermando la sentenza quindi, l'Ente con sede a Strasburgo obbliga il nostro Paese a pagare le spese legali sostenute da Viola, che ammontano a circa 6.000 euro.

Il ministro Alfonso Bonafede: 'Non condividiamo assolutamente'

Sulla vicenda non hanno tardato a far sentire la loro voce le istituzioni italiane, in primis il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che non accetta assolutamente la decisione presa dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Lo stesso annuncia che farà il possibile per difendere le regole che l'Italia ha adottato anni fa nei confronti di chi si macchia di reati gravissimi, come appunto l'associazione mafiosa.

Il Ministro ricorda che sono previsti dei benefici per chi diventa collaboratore di giustizia, e che il nostro ordinamento legislativo rispetta i diritti di tutte le persone, anche di quelle detenute. Di fronte alla criminalità organizzata però lo Stato reagisce sempre con determinazione. Le autorità italiane faranno sentire dunque la loro voce in tutte le sedi opportune, affinché si chiariscano davanti all'Ente in questione le decisioni adottate negli anni per chi si macchia di questi gravissimi reati. Il reato di associazione mafiosa, lo ricordiamo, è disciplinato dall'articolo 416 bis del Codice Penale.