Si torna a parlare della villa degli orrori, quella di Cogne, dove il 30 gennaio 2002 fu ucciso a tre anni il piccolo Samuele. L'avvocato Carlo Taormina vuole pignorarla. Il noto principe del foro è piuttosto risentito: sta portanto avanti ormai da anni una contesa legale con l'ex assistita Annamaria Franzoni che non gli ha mai pagato la parcella.

Come 'extrema ratio', il penalista vuole appropriarsi di quell'immobile per recuperare quanto gli è dovuto. Diciassette anni dopo il delitto che sconvolse l'Italia e ancora evoca misteri e sinistre immagini, Anna Maria Franzoni, pur essendo dal 2018 tornata ad essere una libera cittadina, avendo finito di scontare la pena, deve vedersela con nuovi guai giudiziari e tornare nelle aule di giustizia.

Onorario non pagato, lunga battaglia con l'ex difensore

All'avvocato Taormina, la famiglia Franzoni-Lorenzi non ha corrisposto l'onorario a lui dovuto per la difesa di Annamaria, pari a 275 mila euro. Una bella cifra che col passare degli anni, tra Iva, interessi e cassa previdenza avvocati, è diventata pari a 470 mila euro. Taormina, per la verità, ne chiedeva 700 mila di euro. Di fatto, la Franzoni è stata condannata nel 2017 con una sentenza civile a risarcire il legale per il mancato pagamento della somma. La famiglia ha sempre sostenuto che l'avvocato che l'ha difesa fino al processo d'appello, subentrato al collega Carlo Federico Grosso e poi rimpiazzato dal terzo e ultimo difensore, Paola Savio, avrebbe deciso di assisterla a titolo gratuito.

Una versione dei fatti inammissibile per il penalista. Il giorno dopo la scarcerazione, avvenuta il 7 febbraio 2019, Taormina ai microfoni de La zanzara, trasmissione di Radio 24, disse di essere ancora convinto dell'innocenza della sua ex assistita e di aver fatto un buon lavoro perché, grazie a lui, la madre ritenuta l'assassina del figlio, avrebbe avuto una pena notevolmente ridotta.

"È libera grazie a me, ma mi deve 400 mila euro. Mi ha totalmente fregato”, dichiarò.

Dopo la sentenza civile, non avendo visto alcun risarcimento, sebbene la sentenza sia esecutiva dal marzo 2017, il legale ha deciso di fare un ulteriore passo. Lo scorso 22 ottobre, alla Franzoni è stato notificato il pignoramento della villetta sita nella frazione di Montroz.

Sarebbe l'unico bene aggredibile. "Ho fatto una causa civile nei confronti della signora Franzoni perché non mi ha pagato, è stata pronunciata una sentenza che è passata in giudicato che mi ha assegnato circa 450 mila euro di onorari. Siccome ho fatto richiesta di esecuzione della sentenza e non ho avuto alcuna risposta, ho fatto il pignoramento dell’unica cosa che so esistente, cioè la villetta di Cogne", ha chiarito il penalista.

Il 'no' di Annamaria

La casa di Cogne, in cui vivevano il piccolo Samuele con la mamma Annamaria, il papà Stefano e il fratello più grande Davide, è stata perlustrata da cima a fondo molteplici volte dagli inquirenti, è stata oggetto di perizie e sopralluoghi dei periti di accusa e difesa, filmata per anni innumerevoli volte da tutte le televisioni, fotografata e oggetto di inchieste e talk show.

Condannata a 16 anni di reclusione, Franzoni è rimasta in carcere a Bologna, fino al 2014. Poi, ha usufruito della detenzione domiciliare a Ripoli Santa Cristina, sull'appennino bolognese. La pena è stata ridotta da 16 a 11 anni, grazie a tre anni d'indulto e ai giorni concessi di liberazione anticipata.

Appena tornata ad essere una donna libera, Annamaria ha rimesso piede nella casa dei misteri: finché scontava la pena ai domiciliari, aveva il divieto di tornare nel comune valdostano. Ha destato qualche scompiglio tra i vicini di casa vederla la scorsa estate salire le scale, o affacciarsi dal balcone della casa dell'infanticidio, come se il tempo non fosse passato, ma Samuele non c'è più. In quella villa, negli anni scorsi, il marito Lorenzo era tornato per le vacanze estive con il figlio Davide e l'altro Gioele, nato nel 2003.

Ora lo scorso 11 novembre, la Franzoni si è opposta al pignoramento. A parte contestare un vizio nella notifica dell'atto, assistita dai suoi legali, contesta la possibilità che lo stabile possa essere pignorato, perché si trova all'interno di un fondo patrimoniale costituito nel 2009 da lei e dal marito. Probabilmente l'11 dicembre, giorno in cui è fissata l'udienza, si saprà se la villetta rimasta sotto sequestro per anni, continuerà ad essere della famiglia, o se potrà appropriarsene l'avvocato Taormina. "Siccome non sono stato pagato, ho fatto il pignoramento e quello che mi compete lo avrò attraverso l’esecuzione immobiliare", ha detto all'Adnkronos senza ombra di dubbio il legale, assistito dal figlio Giorgio. Il suo progetto, una volta ottenuto l'immobile, sarebbe di sbarazzarsene rivendendolo all'asta.