Il gip di Roma ha disposto il giudizio immediato: si aprirà il prossimo 8 luglio, davanti all’ottava sezione penale, il processo a carico di Pietro Genovese, figlio del regista Paolo. Il 20enne è chiamato a rispondere di omicidio stradale plurimo. Genovese, alla guida della sua auto, investì nella notte dello scorso 21 dicembre Gaia Romagnoli e Camilla von Freymann, entrambe 16enni, mentre attraversavano corso Francia. Dopo una serata trascorsa con gli amici, poco distante, a ponte Milvio, le amiche stavano rientrando a piedi a casa. Ma nelle loro abitazioni non hanno mai più fatto ritorno.
Gaia e Camilla, i pm hanno chiesto e ottenuto il giudizio immediato
Il Procuratore aggiunto Nunzia D'Elia e il sostituto Roberto Felici ad aprile avevano depositato la richiesta di giudizio immediato di Genovese, saltando la fase dell'udienza preliminare. Richiesta ammessa dal gip: il processo contro Pietro Genovese si aprirà l'8 luglio nella cittadella giudiziaria della Capitale. Genovese deve rispondere di duplice omicidio stradale: la notte del 21 dicembre 2019, alla guida della suo Suv, travolse e uccise le due adolescenti. Le indagini hanno accertato che Genovese viaggiava a 90 chilometri orari, mentre la velocità massima consentita è di 50 chilometri. All'imputato è contestata anche l'aggravante del tasso alcolemico: il risultato dell'alcol test è di 1,4 per cento, quasi tre volte il limite consentito.
La Procura, inoltre, lo accusa anche di aver violato il divieto di usare il telefonino alla guida. Pochi istanti prima del duplice investimento mortale, avrebbe inviato immagini e video tramite WhatsApp. Tra le contestazioni del pm, anche l'omissione di soccorso. Avrebbe proseguito la corsa fino alla rampa di immissione sulla tangenziale, costretto a fermarsi da un guasto al motore causato proprio dall'incidente.
Gaia e Camilla: le opzioni per la difesa
Franco Coppi e Gianluca Tognozzi, avvocati di Pietro Genovese, dovranno valutare quale tipo di processo scegliere per il loro assistito. In base alla formula con la quale verrà celebrato il processo, potranno definire la linea difensiva. Tre le possibilità: richiesta di patteggiamento, rito abbreviato, oppure ordinario.
La richiesta di patteggiamento sembrerebbe la strada meno praticabile: la pena prevista non va oltre i cinque anni, sarebbe troppo bassa, e la Procura sembrerebbe orientata a respingere una proposta di patteggiamento. Inoltre, in questo tipo di processo, resterebbero tagliate fuori le parti civili, le famiglie delle due vittime, secondo quanto previsto dal codice penale. Più probabile appare la scelta del rito abbreviato: in questo caso, l'imputato può ottenere lo sconto di un terzo della pena. Se l'imputato, infine, scegliesse di farsi processare con rito ordinario, non potrebbe usufruire di alcuno sconto di pena e potrebbe rischiare una condanna fino ai 18 anni di reclusione. Il 20enne è agli arresti domiciliari dallo scorso 26 dicembre.
Gaia e Camilla, decisiva la perizia
La perizia sull'incidente sarà decisiva per le sorti del processo. La relazione del perito Mario Scipione è stata depositata in Procura il mese scorso. La perizia avrebbe accertato che l'auto guidata da Genovese procedeva a velocità sostenuta, ma che Gaia e Camilla la sera della tragedia avrebbero attraversato corso Francia con il semaforo pedonale rosso, a diciotto metri dalle strisce pedonali, e in un punto in cui erano poco visibili.
Il documento ipotizzerebbe, dunque, un concorso di colpa da parte delle vittime. In ambito processuale, verrà stabilito in che percentuale, anche sulla base di calcoli matematici e della perizia sul Suv. Il grado del concorso di colpa di Gaia e Camilla è minimo secondo la Procura.
La tesi dei pm, infatti, è che l’incidente avrebbe potuto essere evitato se Genovese avesse tenuto una velocità moderata alla guida, e se non avesse bevuto.
La difesa sarà incentrata sul punto di attraversamento scelto dalle ragazze e sulle scarse condizioni di visibilità al momento dell'incidente. Le testimonianze raccolte prima della perizia erano contrastanti: secondo alcune, le 16enni avrebbero attraversato sulle strisce. Secondo altre, avrebbero scavalcato un guardrail in un tratto buio in cui non era previsto alcun attraversamento pedonale. Lo scorso 11 febbraio, corso Francia era stato chiuso di notte per dare la possibilità ai periti, anche a quelli delle parti, ossia delle famiglie delle vittime e dell’indagato, di fare tutte le verifiche necessarie e di ricreare la stessa scena dei tragici fatti.