Le forze dell'ordine di Livorno e di Firenze hanno tratto in arresto, con un'ordinanza di custodia cautelare, un 28enne tunisino, ritenuto responsabile di aver venduto alla studentessa di Livorno, Erika Lucchesi, le pasticche di ecstasy che le sono costate la vita il 20 ottobre del 2019. L'uomo è attualmente detenuto nella casa circondariale di Livorno: i militari l'hanno trovato due giorni fa, nella notte, in un edificio situato nei pressi della stazione centrale.

Cosa accadde a Erika

Nella notte tra il 19 e il 20 ottobre scorso, la 19enne Erika Lucchesi morì nella discoteca di Sovigliana di Vinci di Viale Togliatti nell'empolese, per aver assunto un mix letale di alcol ed ecstasy.

Quella che doveva essere la serata dedicata al Jaiss, un club conosciuto negli anni '80 e '90, si è tramutata in una nottata tragica: verso le 4 del mattino i soccorritori chiamarono la centrale per comunicare che la giovane non ce l'aveva fatta, dopo aver tentato disperatamente di salvarle la vita. Sul posto arrivarono anche i carabinieri della stazione di Vinci e altri provenienti da Firenze, per effettuare i rilievi del caso. Gli stessi interrogarono anche gli amici della vittima, i quali confermarono che Erika si sentì male all'interno della discoteca subito dopo aver assunto dell'ectasy.

Nell'immediato scattarono le indagini sul presunto pusher, già noto alle forze dell'ordine, che pare non avesse una residenza vera e propria il quale, nel frattempo, sparì dalla circolazione.

Secondo gli inquirenti sarebbe stato proprio il 28enne tunisino a vendere a Erika tre o quattro pasticche di ectasy, quella sera. Il magistrato della procura di Firenze, Fabio Di Vizio dispose l'autopsia sul corpo della giovane, dalla quale si evinse che era deceduta per overdose, conseguente all'assunzione di pasticche di ectasy.

Gli altri indagati per la morte della 19enne

Oltre al tunisino, gli inquirenti indagarono anche su un conoscente di Erika, residente nella stessa città della ragazza, e sulla responsabile legale della discoteca, quale "atto dovuto" al fine di chiarire le dinamiche dei fatti. Alla responsabile fu contestato il reato dell'articolo 40 del codice di procedura penale, secondo il quale non impedire un evento che si è obbligati per legge a impedire (nel caso dello spaccio) equivarrebbe a cagionarlo. Davanti al locale arrivarono i genitori di Erika, devastati dal dolore e la madre della giovane accusò un malore e fu soccorsa dai sanitari del 118.