Ilaria Di Roberto è un'aspirante scrittrice di 29 anni che vive a Cori, un piccolo paese in provincia di Latina. La ragazza è inoltre protagonista di una storia segnata dal bullismo, cyberbullismo, revenge porn e dalle vessazioni di una cybersetta, raccontata anche nel suo libro "Anima" e in trasmissioni televisive come Pomeriggio 5, Storie Italiane e I Fatti Vostri. Lo scorso novembre, Ilaria è stata indagata per revenge porn, un'accusa da cui lei stessa si ritiene estranea. Per raccontare la sua verità di questa vicenda, ha contattato la redazione di Blasting News per un'intervista.

L'intervista a Ilaria

Ciao Ilaria, raccontaci com’è iniziata questa storia

Sono cresciuta in una famiglia priva di figura maschile. Dunque, mia mamma fu costretta a crescermi da sola e mi insegnò a leggere e a scrivere a tre anni. Quando iniziai le elementari, facevo fatica a rapportarmi con gli altri, perché avevo qualche chilo di troppo e scaricavo tutta la mia frustrazione mangiando. Quindi, fui umiliata e picchiata in diverse occasioni, nelle quali mia madre intervenne per difendermi. Poi, cominciai le medie e all’età di 12 anni decisi di smettere di mangiare diventando così anoressica. L'incubo del bodyshaming arrivò anche alle superiori.

Sappiamo che all’età di 17 anni hai scampato una prima violenza...

Accadde quando mi misi a cercare lavoro e incontrai un signore del mio paese che mi propose di lavorare come cameriera nel suo ristorante. In realtà, lui si spacciò come proprietario del ristorante approfittando dell’assenza del direttore effettivo. Poi, lui mi mise le mani addosso e scappai in tempo per denunciarlo. E così questo signore ebbe una condanna di sei anni e una sanzione di 180 euro.

A quel punto, ci furono una serie di eventi che resero la tua vita un inferno

Io, mia sorella e mia madre affittammo una casa, in cui il proprietario veniva a molestarci e ci diceva che se non riuscissimo a pagare l’affitto con i soldi, l’avremmo fatto in natura. Dato che eravamo terrorizzate, decidemmo di trasferirci in una casa popolare.

In quel periodo, conobbi dei ragazzi che mi riservavano sempre delle atroci sofferenze. In particolare, ce n’era uno di Taranto che conobbi su Facebook, del quale m’innamorai. Anche lui ricambiò e iniziò a chiedermi delle foto dicendo che era un modo per compensare la carenza di rapporti intimi, dovuta alla distanza. Era la prima volta che qualcuno mi chiedesse delle foto, e quindi, all’inizio ero molto titubante perché non sono mai stata una donna molto emancipata sessualmente. Ricordo che all'inizio lui mi chiese di mandargli delle foto in reggiseno per poi arrivare a scatti senza veli, fino a volere dei video in cui ero intenta a compiere degli atti spinti. Dopo aver inviato quelle foto al mio ragazzo, piangevo perché lo facevo controvoglia, ma io continuai per paura di essere lasciata.

E così arrivò il revenge porn. Come te ne eri accorta?

Quando il mio ragazzo mi lasciò, e a distanza di qualche giorno mi contattarono quasi tutti i suoi amici che fecero delle allusioni sulle foto che avevo inviato al mio ormai ex. Poi, mi chiamò un'ex del mio ex ragazzo che mi disse di stare attenta perché lui stava pubblicando le mie foto su internet e che aveva compiuto lo stesso atto con lei. La stessa ragazza mi disse che il mio ex stava insieme a una ragazza minorenne di Perugia, anche lei vittima dello stesso trattamento. A quel punto, decisi di denunciare il mio ex fidanzato.

Poi hai conosciuto un altro ragazzo e ricominciò il calvario. Giusto?

Esatto, lo conobbi sempre su Facebook, ma ebbi modo di vederlo perché abitava poco distante da me.

Poi, gli dissi che non volevo più avere relazioni perché non mi fidavo più degli uomini. Dopo una breve frequentazione, però, iniziai a provare un sentimento che andasse oltre l’amicizia. Dopo una ventina di giorni, lui mi disse che era molto preso da me, ma che non voleva impegnarsi in una relazione seria e così accettai di essergli amica. Malgrado i miei sentimenti, lui iniziò a frequentarsi con altre ragazze, tra cui una con la quale aveva già avuto dei rapporti intimi e che aveva “mandato a stendere”. La ragazza in questione era molto gelosa e mi aveva accusato di essere stata la causa della sua rottura con lui. Poi mi trovai su un sito a luci rosse con un profilo in cui c’erano le mie foto associate ad altri scatti di ragazze senza veli dal collo in giù.

A quel punto, io decisi di parlare subito con “il mio amico”, ma scoprì che anche il suo profilo Instagram era stato hackerato e trasformato in un account a luci rosse. Inoltre, furono fatti degli ordini a nostro nome da diversi siti di vendita e iniziarono a circolare sui social dei nostri account fake. Un giorno mi arrivò un messaggio da un profilo falso, in cui era scritto che arrivava una terza persona che avrebbe distrutto il rapporto che avevo con "il mio amico". A quel punto, “il mio amico” si tolse dai social e io ebbi i primi sospetti che la ragazza che stava frequentando, fosse colpevole del disastro.

Che cos’è accaduto? Hai denunciato?

Non l’ho fatto subito perché era molto pericoloso.

“Il mio amico” mi affidò l’incarico di segnalare tutti i profili fake sui social e di gestire gli ordini che erano fatti a nostro nome. A quel punto, rimasi senza amici e la gente del mio paese iniziava a giudicarmi male, e nel frattempo, il "mio amico" andava a divertirsi con altre ragazze. Dopo un anno, mi decisi a recarmi dalla polizia postale a denunciare l’accaduto, ma l’ispettore cominciò a farmi domande scomode su di me e sul rapporto con questo mio amico. Poi scoprì tramite la polizia postale che i profili fake provenivano da due numeri di telefono, di cui uno era intestato a me e l’altro era stato acquistato con una scheda che non avevo mai posseduto. A quel punto, “il mio amico” raccontò l’accaduto alla sua famiglia, che si coalizzò contro di me pensando che fossi colpevole.

Arriviamo dunque al settembre 2018…

In quel periodo, mi iscrissi a un corso di ballo con mia sorella e c’era una ragazza che mi guardava con insistenza. A fine lezione, lei si avvicinò, mi schiacciò un piede, mi fece un ghigno e se ne andò. Poi scoprii che quella ragazza era una delle ex del “mio amico”. A un mese di distanza da quella lezione di ballo, lei contattò il suo ex ragazzo dopo tre anni che non si parlavano. All'inizio lei gli propose di frequentarla in amicizia, poi gli fece qualche avances e infine i due tornarono insieme. A quel punto, “il mio amico” non ricevette più vessazioni mentre io continuavo a essere bersaglio di derisioni online. Sospettosa, contattai il mio amico e gli dissi che mi appariva strano che lui non riceveva più vessazioni da quando si era rimesso con la sua ex.

Dopodiché, lui mi accusò di essere gelosa di lei perché volevo essere al suo posto, e infine, decise di chiudere i rapporti con me.

Pensi che “il tuo amico” e la ragazza siano stati complici oppure no?

Iniziai a pensare che la ragazza fosse complice di tutta questa sorta di “carneficina”. Il 7 maggio 2019 “il mio amico” mi lasciò, e così caddi in depressione e mi ammalai di nuovo di anoressia. A quel punto, mi misi a cercare lavoro perché mi avevano licenziata a causa delle voci negative che si stavano spargendo nel paese. Insomma, uscire da casa era diventato impossibile e io avevo intenzione di dimenticare “il mio amico”, perché avevo capito che si trattasse di un narcisista patologico.

Poi, ti imbatti in uno studio esoterico di un certo "vicario".

Com’è accaduto?

Cercai lavoro e tra le pagine sponsorizzate di Facebook, trovai quella di uno studio esoterico e decisi di contattarlo perché ho sempre avuto una passione per l’astrologia e i tarocchi. Inoltre, volevo sapere il motivo per cui mi stessero accadendo tutti questi eventi negativi e mi chiamò il vicario dello studio esoterico. A quel punto, lui mi parlò della sua società, mi disse che lavorava da cinque anni e che era uno psicologo rinomato e specializzato in ipnosi. Poi, mi spiegò in cosa consistesse il ruolo lavorativo che andavo a ricoprire e gli raccontai la mia storia. A quel punto lui mi disse: “Io credo di conoscerti”. Io pensavo che alludesse al mio libro, magari l’aveva letto.

Poi il vicario mi rispose che mi conobbe tramite una ragazza che gli mandò delle mie foto, nelle quali ero insieme al "mio amico", per chiedergli un rito di separazione. Poi mi disse il nome della ragazza in questione e rimasi sconcertata perché era lo stesso di quello dell’ex del “mio amico”. Infine, il vicario mi propose di lavorare come cartomante nella sua società perché sapeva delle mie condizioni di povertà.

Hai accettato subito la proposta lavorativa del vicario?

No, ero un po’ titubante. E così lui cercò di convincermi dicendo che non era un caso che stessimo parlando, perché il giorno seguente alla telefonata avrebbe mandato 5% delle azioni della società all’asta. Il mattino dopo il vicario mi mandò su Whatsapp un video di un’ipnosi, che ascoltai perché non ero lucida.

Dopodiché, mi mandò il primo cliente, che si complimentò in un secondo momento con il vicario per l’acquisto effettuato. A quel punto, il vicario decise di ufficializzare la mia entrata in società con un contratto e mi disse che bastava firmare un foglio bianco da inviare su Whatsapp. A quel punto, entrai in società e continuai a lavorare per il vicario, nonostante mi accorsi che non stavo guadagnando alcun soldo. Dopo qualche giorno, il vicario mi telefonò e mi disse che aveva intenzione di farmi diventare socia e che avrei dovuto firmare una cambiale di quarantamila euro. Inoltre, mi raccontò che sarei diventata molto ricca e mi avrebbe regalato sia fama che successo. Firmai la cambiale, incontrando un avvocato cui poi la consegnai e acquistando quindi il 5% delle azioni, come previsto nel contratto. I giorni seguenti il vicario mi disse di recarmi in tribunale per firmare una perizia, perché poi avrei avuto diritti anche sul marchio della società. A quel punto, trovai scritto sulla perizia che fossi un'esperta in marketing e in diritti d'autore. Poi feci notare al vicario che c’era stato un errore e lui si arrabbiò molto, dicendomi che, diventando sua socia, avrei acquisito qualunque titolo.

Poi è accaduto il peggio...

Un giorno, il vicario mi chiamò e mi disse che non era più soddisfatto del mio lavoro perché stavo diventando troppo amica dei clienti. Dopodiché, mi disse che mi trovavo in una setta senza precedenti e che spendeva i propri soldi per truffare i clienti o per spacciare. Inoltre, il vicario mi sottoponeva a delle prove, tra cui quella di assumere "sacra farina", che era una miscela di cocaina e bicarbonato. Io mi rifiutai, e a quel punto, mi disse che dovevo tatuarmi il logo della società sulla spalla sinistra. Poi dissi al vicario che non volevo più far parte della setta e che non volevo più truffare i clienti. Infine, iniziò a minacciarmi di morte e continuò a farmi vessazioni, per le quali ho tentato due volte il suicidio.

Sappiamo però che sei indagata per revenge porn, lo stesso reato di cui è stato accusato il tuo ex. Come mai?

A novembre 2019 sono stata indagata perché è stato pubblicato un articolo su La Repubblica, intitolato "Ilaria Di Roberto, da vittima di revenge porn a carnefice". Insomma, sono indagata per un reato che non ho commesso. Sempre in quel periodo, venni a sapere che il mio "amico" nonché ex fidanzato aveva diffuso delle foto che ci ritraevano in atteggiamenti intimi. Alla fine, capii che era lui l'artefice di questo sfacelo.

Hai fondato un progetto contro la violenza sulle donne. Com’è nato?

Il mio progetto è nato grazie a Nicola Ursino e Marco Di Maio, che sono due persone straordinarie che mi hanno proposto di realizzare un videoclip per la loro casa discografica M&N Vox. Il brano si chiama "Abbassa la voce" ed è tratto dal mio libro "Anima". Spero di pubblicare il secondo libro "Tutto ciò che sono", perché è una serie di monologhi in parte autobiografici, di cui uno diventerà un progetto cinematografico.

Quale messaggio vorresti dare alle vittime di violenza?

Il primo consiglio che darei è quello di denunciare, anche se non è facile perché si ha a che fare con la vittimizzazione, ovvero la violenza secondaria scaturita da parte di chi ti dovrebbe proteggere. Poi consiglierei di parlarne e di attivare una rete a sostegno della vittima da un punto di vista psicologico. Infine, suggerisco di trasformarsi da vittima a persona empatica nei confronti di un'altra che sta subendo gli stessi problemi.