"Vittima di un complesso traumatismo che si è realizzato in più azioni lesive": dalle indiscrezioni sui risultati dell'autopsia eseguita sul corpo di Willy Monteiro Duarte, emerge che ha subito un maltrattamento oltre l'immaginabile. Il 21 enne italo-capoverdiano è stato ucciso di botte la notte del 5 settembre scorso a Colleferro dai fratelli Bianchi, Marco e Gabriele, con la complicità di Mario Pincarelli e Francesco Belleggia. Ora, eccetto Belleggia ai domiciliari, sono tutti in carcere. Appena arrestati, i fratelli Bianchi si erano difesi, tramite i loro legali, sostenendo di non aver quasi neanche toccato Willy.
La relazione consegnata da Saverio Potenza, medico legale del Policlinico di Tor Vergata, alla procura di Velletri, aggrava la loro posizione: a causa del violentissimo pestaggio, Willy ha riportato così tante lesioni in tutti gli organi che è difficile stabilire la causa esatta della morte.
Willy, i fratelli Bianchi gli avrebbero spappolato il cuore
Una lacerazione di sette centimetri al cuore, aorta toracica, polmoni, diaframma, milza, pancreas, fegato lesionati: Willy ha riportato traumi talmente gravi che il medico legale ipotizza che, oltre ad essere stato preso a pugni e calci, possa essere stato picchiato anche con bastoni, spranghe o altro. Il ragazzo ha ricevuto colpi ovunque tali da provocare conseguenze gravissime e diverse emorragie interne, anche cerebrali.
I responsabili del pestaggio si sarebbero accaniti sul corpo del ragazzo, intervenuto a difendere un ex compagno di classe. Il risultato dell'esame autoptico conferma ciò che molti testimoni hanno riferito ai carabinieri: quando Willy era a terra, dopo essere stato colpito già numerose volte, forse agonizzante, chi lo picchiava gli è anche saltato sopra.
In particolare, i fratelli Bianchi, esperti della tecnica denominata Mma, un mix di boxe e arti marziali, gli avrebbero assestato i colpi mortali. I quattro componenti della cosiddetta 'banda di Artena', dal momento dell'arresto hanno perso subito la compattezza e complicità che li univano. Inizialmente accusati di omicidio preterintenzionale, devono ora rispondere di omicidio volontario in concorso, aggravato da futili motivi.
Peggiorando la loro situazione, i fratelli Bianchi e Belleggia non hanno fatto altro che lanciarsi accuse reciproche, cercando di scaricare ognuno sull'altro le responsabilità dei fatti.
Willy, ascoltato un quinto indagato
C'è un quinto indagato in questa vicenda costata la vita a un innocente. Si tratta di Vittorio Tondinelli: era alla guida del Suv quando i fratelli Bianchi, chiamati dagli altri due, sono arrivati davanti al locale Due di picche di Colleferro per aiutarli nella lite scoppiata con il gruppo dell'ex compagno di scuola di Willy.
Tondinelli sarebbe poi andato via con Belleggia e ad altri due giovani di Artena e Lariano, Michele Cerquozzi e Omar Sahbani, a bordo del Suv. Non avrebbe partecipato al pestaggio e l'accusa nei suoi confronti, al momento, è di favoreggiamento.
La notte del fermo, anche Tondinelli era stato portato in camera di sicurezza. Poi era stato rilasciato. A distanza di tre settimane potrebbe diventare il testimone chiave per capire esattamente come si siano svolti i fatti. I carabinieri del Ris, intanto, stanno proseguendo le indagini sul suv Q7 dei fratelli Bianchi su cui già sono state trovate tracce ematiche, come sui vestiti degli indagati. Indagini sono in corso anche sulle celle telefoniche.
Willy, i picchiatori seriali spaventati in carcere
Nella zona compresa tra Colleferro, dove è avvenuto il pestaggio mortale, Artena, dove risiedevano tutti e quattro gli arrestati, e Paliano dove Willy abitava con i genitori e la sorella, i fratelli Bianchi si sono fatti conoscere e temere da molto tempo per essere picchiatori seriali, dediti a pestaggi a tema xenofobo perché ai danni di extracomunitari.
Marco Bianchi, ad esempio, andrà a processo per l'aggressione di un bengalese, avvenuta nel 2018. Insieme, nel 2019, i fratelli hanno pestato un indiano dopo averlo quasi investito con l'auto. I due hanno già otto fascicoli giudiziari pendenti.
Spavaldi e violenti nella vita, Marco e Gabriele Bianchi sono apparsi timorosi a Rebibbia. Per paura di subire ritorsioni da parte di altri detenuti, hanno chiesto e ottenuto tramite i loro legali di poter stare in isolamento in un'ala protetta del carcere. I legali inizialmente avevano chiesto al Tribunale del Riesame gli arresti domiciliari per i loro assistiti, poi hanno soprasseduto. Per il momento, la Procura non ha ancora contestato ai Bianchi l'aggravante razziale.