Nicola Feroleto è stato condannato all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Cassino per concorso in omicidio pluriaggravato. Feroleto è il padre del piccolo Gabriel, ucciso a due anni e mezzo il 17 aprile 2019 a Piedimonte San Germano, in provincia di Frosinone. La madre del bambino, Donatella Di Bona, è stata condannata la scorsa settimana a 30 anni di reclusione.

Nicola Feroleto, la sentenza

Sono state sufficienti quattro ore di Camera di Consiglio per emettere il verdetto a carico di Nicola Feroleto. Ieri, poco dopo le 14:30, la Corte d'Assise del Tribunale di Cassino ha condannato all'ergastolo il 49enne di Villa Santa Lucia, paese nel frusinate.

L'imputato, a causa delle restrizioni anti-Covid, non era presente in aula e ha ascoltato la lettura della sentenza di primo grado, fatta dalla presidente Donatella Perna, in videocollegamento dal carcere di Frosinone dove è detenuto da oltre un anno. La Corte ha accolto la richiesta dell'accusa di condannare l'imputato al massimo della pena. Durante la lunga requisitoria fatta dai pm Valentina Maisto e Roberto Bulgarini Nomi, Feroleto è stato accusato di aver sempre mentito e di non aver fatto nulla per impedire che l'ex compagna uccidesse il bambino. Al contrario, lui l'avrebbe istigata a commettere il crimine per poi gettare i corpo del figlio tra i rovi.

Padre e madre del bambino hanno avuto condanne differenti per le diverse scelte processuali concordate con i propri legali.

Donatella Di Bona, 29enne rea confessa, ha scelto il rito abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica secondo la quale sarebbe stata in grado di intendere e volere. Ha potuto comunque usufruire di uno sconto pari a un terzo della pena. Nicola Feroleto, assistito da Luigi D’Anna, ha sempre dichiarato ai carabinieri e ai pm di essere estraneo ai fatti e per questo motivo ha rifiutato riti di giudizio alternativi.

Ha scelto il rito ordinario e gli è stata comminata la pena massima. Le motivazioni della sentenza saranno rese note tra novanta giorni. Quindi, la difesa di Feroleto farà ricorso alla Corte d'Appello di Roma.

Condanna di Nicola Feroleto, reazioni in aula

Al momento della lettura della sentenza, era presente in aula anche il procuratore capo di Cassino, Luciano D'Emmanuele che ha espresso soddisfazione perché la corte ha sposato la tesi della pubblica accusa.

"È stata fatta giustizia attorno a un fatto doloroso e tragico", ha detto D'Emmanuele. Alberto Scerbo e Giancarlo Corsetti, legali della nonna e degli zii del bambino ucciso, hanno detto che i familiari del piccolo Gabriel hanno sempre avuto in questa vicenda un atteggiamento responsabile e volevano che venisse ristabilita la legalità violata. "A nostro avviso, la sentenza ha formulato un giudizio conforme agli atti processuali e al diritto", hanno commentato.

Nicola Feroleto, il delitto

Donatella Di Bona e Nicola Feroleto avevano una relazione extraconiugale. Dalla loro storia era nato Gabriel che era stato riconosciuto dal padre. Feroleto era sposato e già padre di due figli. Il giorno del delitto, i due si incontrarono in contrada Volla, dove Donatella Di Bona abitava con la madre, il fratello Luciano e il bambino, e si appartarono in auto portando anche il figlio.

Con i suoi capricci, il bambino avrebbe impedito ai genitori di scambiarsi effusioni. Il padre lo avrebbe preso a schiaffi, facendolo piangere ancor di più. Per placarlo, la madre gli avrebbe messo la mano su bocca e naso fino a soffocarlo. Se il padre fosse intervenuto, avrebbe potuto salvargli la vita. Così non fu. Da quel momento, Feroleto si dileguò.

Donatella Di Bona tornò a piedi verso casa con il figlio morto in braccio. Cercò di sostenere la versione che il bambino era stato investito da una fantomatica auto pirata. Ma la donna aveva in viso i graffi che gli aveva fatto il figlio nel vano tentativo di sottrarsi alla presa della madre mentre lo soffocava. Di fronte alle insistenze degli investigatori, la madre crollò e confessò il delitto.

Da quel momento e per tutto l'iter processuale, divenne l'accanita accusatrice dell'ex amante. Ammise di aver ucciso lei il figlio, ma sottolineò la parte svolta da Feroleto: "Quando lo uccidevo è rimasto a guardare e poi mi ha detto che dovevo prendermi la colpa io altrimenti mi avrebbe ucciso", riferì in aula. Feroleto, dal canto suo, cercò di depistare le indagini. Alla compagna ufficiale chiese di confermare un falso alibi. L'uomo cercò di sostenere che all'ora del delitto non era a Volla, ma a casa a Villa Santa Lucia. La compagna ufficiale però lo smentì: "Ho detto la verità. Per lui provo odio, gli direi: ‘Mi fai schifo'", raccontò la donna in un'intervista. Donatella Di Bona sarebbe stata depressa, ma nessuno nel contesto familiare e in paese si sarebbe mai accorto del suo stato.