Ancora una volta, l’utilizzo delle moderne tecnologie ha permesso di risolvere, almeno in parte, un cold case di Cronaca Nera, quello dello noto chef Pietro Beggi, torturato e ucciso ventuno anni fa all’interno del suo ristorante, il Ciabot del Grignolin di Calliano, in provincia di Asti. Il celebre cuoco, che all’epoca aveva 68 anni, fu ammazzato nel corso di una rapina, in cui i malviventi lo aggredirono con estrema violenza, per fargli rivelare dove fosse nascosto l’incasso del locale, per un valore di circa trenta milioni di lire.
La Corte d’Assise d’Appello di Torino ha riformato la sentenza di proscioglimento di Giampaolo Nuara, arrivata in primo grado attraverso il rito abbreviato.
Come ha reso noto il suo legale, Maurizio La Matina, l’imputato, che oggi ha 40 anni, è stato condannato a 14 anni di reclusione con l’accusa di omicidio preterintenzionale, dopo che alcune tracce di sangue hanno dimostrato senza ombra di dubbio la sua presenza sul luogo del delitto.
Lo chef fu trovato in fin di vita nella cantina del suo ristorante
A scoprire lo chef, ormai in fin di vita, fu il socio Livio Vallarin: nella notte tra il 2 e il 3 gennaio 2000 lo trovò nella cantina del ristorante. I rapinatori lo avevano colpito violentemente alla testa per fargli dire dove fossero nascosti i soldi, lasciandolo poi agonizzante: Pietro Beggi fu immediatamente portato in ospedale al Cto di Torino, dove però il suo cuore cessò di battere qualche ora dopo.
Ad incastrare Nuara dopo ventuno anni sono state le tracce di Dna, individuate su una calza da donna, che quella sera uno dei rapinatori aveva indossato per celare il proprio volto.
Infatti, a diciannove anni di distanza dal delitto, gli inquirenti che investigavano su un furto avvenuto a Pavia hanno notato come il Dna di uno dei responsabili combaciava con quello di uno dei rapinatori del 2000.
In quest’indagine del 2019 i carabinieri hanno sgominato una banda che tra il 2015 e il 2016 ha compiuto una serie di furti in tutta la Lombardia: i componenti della gang indossavano false divise dell’Arma, con le quali si presentavano a casa della gente per derubare i malcapitati che li lasciavano entrare, credendo di trovarsi di fronte a dei veri militari.
Le tre calze da donna ritrovate
Nel 2000 le indagini non portarono a nulla di concreto: tuttavia gli inquirenti dell’epoca repertarono tutte le tracce trovate nel ristorante e nei dintorni, comprese le tre calze da donna, che i malviventi avevano modificato per utilizzarle come passamontagna, sulle quali furono individuate e catalogate diverse tracce biologiche, appartenenti ai rapinatori. Diciannove anni dopo gli investigatori sono riusciti a identificare uno dei presenti quella notte in Giampaolo Nuara.
I dati del suo Dna erano finiti nel database dopo che i carabinieri di Lodi, per accusarlo di una serie di furti in Lombardia, avevano utilizzato una traccia di sangue su un vetro rotto per introdursi in un’abitazione e la saliva presente sui mozziconi di sigaretta lasciati in un'altra villetta visitata dai ladri.
A quel punto è bastato incrociare le informazioni con quelle rimaste inutilizzate per anni, relative al delitto di Calliano per scoprire che Nuara era uno dei rapinatori che avevano aggredito lo chef.
L’aggressione per ottenere gli incassi del veglione di Capodanno
Quella notte, tra il 2 e il 3 gennaio, i malviventi si recarono nel ristorante Ciabot del Grignolin per sottrarre gli incassi del veglione per il Capodanno del 2000, nascosti al sicuro in un mobiletto nella cucina. Pietro Beggi gestiva da una trentina d’anni il locale che riusciva ad assicurare una cucina di alta qualità ai clienti, come l’ex presidente del Consiglio Giovanni Goria. Lo chef fu sorpreso in cucina dai rapinatori che lo torturarono, picchiandolo con violenza ed arrivando a procurargli un grave trauma cranico: trascinato a forza nella cantina del ristorante, vi rimase per molte ore, prima che il socio non lo trovasse, ormai in condizioni disperate.