Il 6 dicembre del 2002 moriva all'età di 82 anni Antonino Caponnetto, il magistrato che guidò il Pool antimafia dal 1984 al 1990, succedendo a Rocco Chinnici, che era stato assassinato nel luglio 1983. Fu lui a istruire il maxiprocesso contro le cosche mafiose avviatosi nel 1986.

Cenni biografici di Antonino Caponnetto

Caponnetto era nato a Caltanissetta nel settembre del 1920, ma già a 10 anni si trasferì insieme alla famiglia in Toscana. Qui condusse gli studi e dopo la laurea in Giurisprudenza a Firenze entra in magistratura. Il suo primo incarico fu alla Pretura di Prato, poi la vera svolta professionale avvenne nel 1983, quando, a seguito dell'uccisione di Rocco Chinnici, chiese il trasferimento nella città di Palermo.

Seguendo la strategia studiata a Torino, dove Giancarlo Caselli operava contro il terrorismo, e continuando l'opera di Chinnici, mise insieme nel 1984 un gruppo di magistrati che aveva il compito di occuparsi esclusivamente della lotta alla mafia. Il pool antimafia, che vide la partecipazione di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Gioacchino Natoli, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta, istruì il primo grande processo contro la mafia, servendosi delle dichiarazioni di mafiosi che avevano deciso di collaborare con la giustizia.

Iniziato nel 1986, si trattò del più grande processo penale celebratosi in Italia. Un successo investigativo che permise al pool di portare in giudizio 475 imputati, ai quali furono contestati diversi capi d'imputazione: dall'associazione di stampo mafioso al traffico di stupefacenti.

Processo che il 30 gennaio del 1992 portò alla conferma, da parte della Corte di Cassazione, di tutte le condanne.

Il pensionamento e l'impegno successivo

Nel 1990 la sua carriera professionale si concluse con il pensionamento: Caponnetto indicò al Consiglio Superiore della magistratura il nome suo successore: Giovanni Falcone.

Tale nomina alla guida di quell'ufficio però non venne confermata dal CSM, che gli preferì Antonino Meli, scelta che produsse molte polemiche. Caponnetto, rimase particolarmente amareggiato da quella scelta che giudicò "vergognosa".

Dopo le stragi del 1992 di Capaci (dove perse la vita Falcone) e quella di Via D'Amelio (in cui perse la vita Borsellino), Caponnetto rimase profondamente colpito e continuò la sua "missione" di uomo delle istituzioni, con la divulgazione e della cultura della legalità, andando nelle scuole da nord a sud, a raccontare chi fossero Falcone e Borsellino, e a insegnare la Costituzione ai giovani.

Morì il 6 dicembre del 2002 a Firenze, all'età di 82 anni.