Il 6 novembre del 2007 moriva all'età di 87 anni Enzo Biagi, giornalista italiano fra i più popolari del XX secolo. Sono passati 15 anni da quel giorno.

Biagi considerava il giornalismo come una missione, un servizio che doveva essere pubblico, "come i trasporti pubblici e l'acquedotto e io non manderò mai acqua inquinata nelle vostre case", come scrisse in un editoriale del 1971. Biagi "cronista", come amava definirsi, che ha raccontato e accompagnato la storia d'Italia per oltre mezzo secolo, passando dalla carta stampata alla tv.

Gli inizi di Enzo Biagi

Enzo Biagi nacque nel 1920 a Lizzano in Belvedere, provincia di Bologna, da una famiglia di modeste condizioni sociali. All'età di nove anni si trasferì a Bologna per impegni lavorativi del padre.

La passione per il giornalismo gli nacque da bambino, quando lesse per la prima volta il romanzo "Martin Eden" di Jack London. Idea che si concretizzò durante gli anni delle scuole superiori attraverso la rivista studentesca "Il Picchio". In pieno regime fascista lui fu sempre convintamente un antifascista. Realizzò anche un giornale partigiano, Patrioti, di cui era l'unico redattore e con il quale informava sul reale andamento della guerra lungo la Linea Gotica. Del giornale uscirono appena quattro numeri: la tipografia fu poi distrutta dai tedeschi.

La carriera giornalistica

Nel corso della sua carriera giornalistica, iniziata all'età di 17 anni, scrisse per diversi quotidiani: l'Avvenire d'Italia, Repubblica, il Corriere della Sera, la Stampa, il Resto del Carlino, Panorama, L'Espresso, Epoca e Oggi. Nel 1961 divenne direttore del Telegiornale Rai. Un anno dopo lanciò il primo rotocalco televisivo della televisione italiana

Nel 1963 a causa di alcuni attriti si dimise dalla Rai e tornò per qualche anno alla carta stampata.

Nel 1968 fece ritorni in Rai. In quella veste realizza alcuni programmi di approfondimento.

Biagi, nel corso della sua carriera, transitò dalla carta stampata alla tv di stato diverse volte, anche negli anni '70 e '80.

L'editto bulgaro e gli ultimi anni

Dal 1995 iniziò a condurre un programma tv di approfondimento, "Il Fatto", in onda ogni sera dopo il Tg1.

Programma che, successivamente, venne giudicato "fazioso" suscitando critiche dal mondo della politica. In particolare dall'allora premier Silvio Berlusconi che il 18 aprile 2002 da Sofia pronunciò il cosiddetto "editto bulgaro", affermando di non volere che "la nuova dirigenza Rai permettesse più un uso criminoso della televisione pubblica" come, a suo giudizio, era stato fatto da Michele Santoro, Luttazzi e appunto da Biagi. Il giornalista replicò quella sera stessa nella puntata del Fatto, appellandosi alla libertà di stampa, affermando quella sarebbe potuta essere l'ultima puntata della sua trasmissione, che poi nella sostanza andò avanti fino al 31 maggio successivo.

Enzi Biagi morì a Milano il 6 novembre del 2007, la salma venne accompagnata con le note della canzone "Bella Ciao".

Al funerale parteciparono diverse personalità del mondo politico e giornalistico, tra cui l'allora presidente del Consiglio Romano Prodi, il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, il presidente della Rai Claudio Petruccioli, il sindaco di Bologna Sergio Cofferati e il presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani, oltre i colleghi giornalisti Paolo Mieli e Ferruccio De Bortoli.