Nella zona della Siria a maggioranza curda ci sono tanti foreign fighters, combattenti stranieri che hanno lasciato i loro Paese per andare a combattere per lo Stato Islamico, che non sono mai stati rimpatriati dopo essere stati catturati: secondo quanto riportato dalla rivista Difesa e sicurezza le autorità curde vorrebbero processarli.
Isis e Foreign Fighters
Dopo quattro anni dalla caduta dello Stato Islamico, l'area nel nord-est della Siria a maggioranza curda ospita ancora più di 10mila combattenti rinchiusi nelle carceri o nei campi del Rojava.
In questa zona è nata un'amministrazione autonoma curda a seguito della guerra civile che era scoppiata nel paese. I leader hanno, però, parecchie difficoltà a gestire la società e le condizioni di vita sono sempre in peggioramento.
La presenza sul suolo curdo di foreign fighters rappresenta un'ulteriore minaccia e contribuisce ad avere ancora minori garanzie di sicurezza per la popolazione. Nel ultimi anni sono state fatte varie proposte per cercare di risolvere la situazione, ma pochissimi soldati stranieri sono stati rimpatriati.
Un processo in autonomia
Le soluzioni che circolano sulle riviste di geopolitica prevedono l'istituzione di un tribunale internazionale o il totale rimpatrio dei foreign fighters, che poi verranno sottoposti a giustizia nel loro paese.
Ma entrambe le soluzioni necessitano di attenzione e supporto internazionale, e nonostante le continue richieste di aiuto da parte delle autorità curde e della Aanes (Autorità autonoma del nord-est della Siria), i governi occidentali hanno quasi sempre ignorato il problema, lasciando sul campo le poche Ong presenti e con poca assistenza.
Il Kurdistan siriano ha quindi deciso di procedere in autonomia, e lo ha annunciato ufficialmente in questi giorni. Tutti i combattenti sotto custodia per crimini di guerra e contro l'umanità saranno sottoposti alla giustizia curda.
Le autorità dichiarano che il tutto si svolgerà in maniera equa e totalmente trasparente nel rispetto della legislazione sul terrorismo.
È chiaro che portare avanti questo processo non sarà per niente facile, per vari motivi. Innanzitutto perché l'amministrazione autonoma curda non è riconosciuta come entità statale, e quindi produce sentenze facilmente impugnabili per la loro dubbia validità. Inoltre sarebbe difficile garantire assistenza legale ai vari imputati (che è obbligatoria), ma soprattutto la situazione potrebbe mettere in pericolo la sicurezza generale del luogo. Sarebbe problematico anche trovare le prove concrete per incriminare i foreign fighters, perché la loro ricerca avrebbe costi molto alti. Tutti questi morivi non garantirebber una pena giusta ai soldati pro-Isis.
La situazione attuale
La politica estera curda ha ricevuto poco ascolto, e gli unici e sporadici esempi di rimpatrio effettivamente avvenuti riguardano alcuni minori.
Il paese ha paura di dare vita a nuove generazioni di terroristi, che seguirebbero l'esempio di questi foreign fighters.
La Turchia ha imposto da anni un embargo nei confronti del Kurdistan, che si è aggiunto ai problemi esistenti. Alcuni paesi hanno a disposizione programmi di de-radicalizzazione e di reinserimento sociale, che però non si applicano al Kurdistani siriano, dove la vita per bambini e donne è molto difficile.