Il trapper Jordan Jeffrey Baby, 26 anni, è stato trovato privo di vita all’interno della sua cella nel carcere di Pavia nella notte tra lunedì 11 e martedì 12 marzo. Il suo vero nome è Jordan Tinti. Le guardie l’hanno rinvenuto con una corda intorno al collo, legata alle sbarre. Secondo quanto riferito dal legale del musicista, l’avvocato Federico Edoardo Pisani, la scoperta risalirebbe all’1 di notte di questo martedì. Jordan, originario di Bernareggio in provincia di Monza, dopo che gli era stato sospeso l’affidamento terapeutico in una comunità era da poco rientrato nell’istituto dove in passato aveva denunciato di aver subito violenze e maltrattamenti, tanto da arrivare a tentare il suicidio.

Secondo le prime ricostruzioni il trapper si sarebbe tolto la vita, impiccandosi in cella. Tuttavia, per l’avvocato Pisani “la vicenda va chiarita in tutti i suoi aspetti”, primo fra tutti la scelta di rimandare il giovane nello stesso carcere dove avrebbe subito in passato una serie di abusi.

L’arresto con l’accusa di aver compiuto una rapina insieme a un altro trapper

Nell’estate 2022 sui social era circolato un video con protagonista il trapper 26enne che derideva un immigrato nigeriano, dopo avergli rubato la bicicletta, nei pressi della stazione di Carnate, in Brianza. Fermato dai carabinieri, era stato inizialmente condotto nella casa circondariale di Monza, ma in seguito alle tensioni scoppiate con alcuni detenuti africani era stato trasferito nella sezione protetta dell’istituto penale di Pavia.

Nel frattempo, era arrivata anche la condanna col rito abbreviato a quattro anni e quattro mesi per rapina, aggravata dall’odio razziale. Il reato era stato commesso in concorso con un altro trapper, il 28enne romano Traffik. Quest’ultimo però ha fatto ricorso in appello, vedendosi la pena ridotta, perché il reato è stato tramutato da rapina a violenza privata e danneggiamento.

La scelta del trapper di frequentare una comunità di recupero

Tinti, che ha sempre rigettato ogni accusa di razzismo nei suoi confronti, ha deciso di non fare ricorso, nel tentativo di superare al più presto questo episodio di cronaca. Così ha scelto di frequentare una comunità terapeutica. Il percorso riabilitativo si sarebbe interrotto bruscamente una decina di giorni prima della sua morte, quando il trapper è stato allontanato dalla struttura perché trovato in possesso di un telefono cellulare e di alcune sigarette, contravvenendo al rigido regolamento interno della comunità.

Così ha dovuto far ritorno nel carcere di Pavia, lo stesso nel quale avrebbe subito le violenze denunciate in passato, che hanno portato anche a processare un compagno di cella per abusi.

Le parole dell’avvocato di Tinti: ‘Mi batterò perché sia fatta chiarezza’

Per l’avvocato Pisani, visti i precedenti, il suo assistito non sarebbe mai dovuto tornare in carcere. “L’avevo sentito nel pomeriggio per un colloquio telefonico – ha spiegato il legale – nulla faceva pensare a un epilogo simile”. Tuttavia, l’avvocato non intende abbandonare questo caso: “Mi batterò perché sia fatta chiarezza, ha partire dall’autopsia – ha chiarito – una morte così è una sconfitta per tutti”.

Numerosi sono stati nel corso del tempo i problemi con la giustizia del trapper 26enne.

Era finito in tribunale l’ultima volta per aver danneggiato un’automobile parcheggiata in strada a Sesto San Giovanni.

Nel 2019 aveva ricevuto una denuncia per i vandalismi commessi a Napoli contro una vettura dei carabinieri, mentre girava il video di un suo singolo da postare in rete. Inoltre, era stato accusato di istigazione a delinquere contro l’inviato di Striscia la Notizia Vittorio Brumotti, a cui aveva augurato un bagno d’acido durante un servizio realizzato dal programma di Canale 5 alla stazione di Monza per filmare l’attività degli spacciatori in quell’area.