E' un film gradevole, La cuoca del Presidente, un film che tocca il palato, e sfiora l'anima, ma non sa trasmettere forti emozioni.
Perfetta e equilibrata l'interpretazione di Catherine Frot. La storia vera di Daniel Dèlpeuch, che nel 1986 riesce ad entrare nel luogo sacro delle cucine di Faubourg Saint Honorè e a conquistare non solo il palato ma anche l'amicizia del presidente Francois Mitterand è raccontata con molto garbo e con quella profondità leggera che solo la regia francese conosce. Così si vede la protagonista organizzare un banchetto agli operai che lavorano in una base scientifica dell'Antartide prima della sua partenza, la sincera affezione e stima che tutti le dimostrano, il suo pensiero andare ai ricordi di quello specialissimo lavoro all'Eliseo, ma anche il boicottaggio sistematico dei cuochi suoi rivali, I ricordi di un altro soggiorno nella Nuova Zelanda, con una natura incontaminata e l'eterno pensiero alla sua fattoria nel Perigord con l'idea fissa di voler comprare una tartufaia.
Ce la fa la nostra eroina e nonostante il disagio di soggiorni in terre così lontane lei ne esce vincitrice. Vediamo la condotta determinata di una donna quando è animata da una forte passione, la cucina, e l'invidia dei colleghi che le ruotano attorno.
E' sola, eppure riesce a tirare avanti. E i suoi piatti, con la fedeltà ad una tradizione culinaria che vuole tener viva, vedasi la scena della 'mussola', le saranno da sprone e da pungolo nel perseverare e nel tener dritta la barra del timone. Eppure quanta fatica! Nella scena della 'mussola' ad esempio, deve preparare un secondo speciale, del salmone avvolto in foglie di cavolo e bollito in acqua. Ha da pochi minuti preso servizio. Ha pochissimo tempo, il pranzo deve essere servito per le 12, 30.
Chiede a qualcuno di recuperare della mussola, ma vedendo che la cosa sembra improbabile, eccola schizzare a casa, aprire la borsa e prendere qualche panno di mussola che tiene tra la sua biancheria. Quel piatto insieme ad un Saint Honorè da sballo sarà il pezzo forte di quel pranzo. La cucina è ricerca e garanzia di elementi genuini.
Per questo volendo solleticare il palato del più ghiotto dei suoli clienti si mette in testa di comprarsi una tartufaia. E ci riuscirà. Eppure al termine della narrazione, davanti ad una sequela di pietanze, un po' come nel 'Pranzo di Babette' lo spettatore segue ma non viene rapito. Si rimane lì ad ammirare questa piccola e testardissima donna, ma il tramestio interiore non c'è, e gli occhi non rimangono incollati al video.
Perché? Be, semplice, perché l'intento è stupire, non raccontare. Un film Barocco, direbbe Arturo Carlo Quintavalle. Barocco freddo, tipico della nostra epoca e dei paesi ad alta industrializzazione.