"Con lui ho capito la bellezza di Napoli, la gente e il suo destino; e non m'ha mai parlato della pizza; e non m'ha mai suonato il mandolino" scriveva Roberto Benigni in una poesia dedicata a Massimo Troisi. Una poesia capace di esprimere il sentimento che ancora oggi tutti noi proviamo per il grande Massimo.
Da un garage adibito a teatro nella sua S. Giorgio fino ad arrivare alle cinque candidature ai premi Oscar con il film "Il postino" Troisi ne ha percorsa di strada. Si presentò al mondo del Cinema con "Ricomincio da tre", dove rese quella sua timidezza un punto di forza, per poi passare a "No grazie, il caffè mi rende nervoso" e "Scusate il ritardo", film definito dalla critica come il maggior capolavoro dell'artista partenopeo.
In gran parte dei suoi film Troisi evidenzia il forte senso di appartenenza alla sua Napoli; Quest'attaccamento alla napoletanità è stato talvolta motivo di critica, soprattutto per quanto concerne l'uso del dialetto, che comunque non ha mai abbandonato perché, come ci disse in un'intervista per Mixer, programma televisivo in onda negli anni ottanta su Rai 2, è l'unico modo in cui sa parlare.
Non mancano però, in molti sketch de "La smorfia", le critiche verso le problematiche che affliggevano la Napoli dell'epoca; così come non manca un'ostentazione in chiave ironica della sua forte religiosità, ravvisabile nei suoi discorsi con S. Gennaro.
Tornando ai suoi lavori cinematografici merita una menzione particolare "Non ci resta che piangere", film straordinario che vede numerose ed esilaranti gag al fianco di Roberto Benigni; da ricordare la scena della lettera a Girolamo Savonarola.
E poi tanti altri lavori che vanno a terminare con il suo ultimo capolavoro, "Il postino": un film tratto dal romanzo "Il postino di Neruda" di Antonio Skármeta, dove Troisi riuscì a terminare le riprese con enorme fatica, morendo soltanto 12 ore dopo la fine delle riprese.
Non basterebbero milioni di pagine per raccontare tutto il genio che Massimo Troisi è stato e ancora oggi è; tutto quello che ha saputo dare nei suoi film, nei suoi spettacoli teatrali e anche nei semplici discorsi in interviste televisive; tutta la sua umiltà e la coraggiosa timidezza.
Ma cosa ci ha lasciato di concreto Massimo? Ci ha lasciato quella sua maschera di Pulcinella moderno, ci ha lasciato un patrimonio, proprio come Eduardo e Totò, e ci ha lasciato, come disse Federico Salvatore, quell'ultima possibilità, da un punto di vista teatrale e cinematografico, di superare, di uscire dallo stereotipo della napoletanità, fine a se stessa. Appare dunque chiaro che il vero regalo, nel giorno del tuo compleanno, l'hai fatto tu a noi.
Grazie Massimo.