"O Musa, dimmi le opere di Afrodite d'oro, dea di Cipro, che infonde il dolce desiderio negli dei e domina le stirpi degli uomini mortali, e gli uccelli che volano nel cielo, e tutti gli animali, quanti, innumerevoli, nutre la terra, e quanti il mare ". Così, negli Inni omerici ad Afrodite.

L'isola di Cipro, eno-terra di un vino prodigioso di omerica memoria, celebra ogni anno le qualità della Commandaria, al contempo denominazione del suo più antico vino e nome geo-storico di un presidio, accompagnando il rito con una profusione di canti e suoni, tali da evocare ebbrezze dionisiache.

Quel vino ritorna così ciclicamente ad essere protagonista di un terroir a Limassol, cittadina isolana deliziosa, dalle minute strade che giungono allo storico porticciolo o conducono alle robuste mura del castello, scenario medioevale per le nozze tra re Riccardo Cuor di Leone e Berengaria di Navarra.

E nota è divenuta la propensione degli isolani ad un divertimento che contenesse ogni ebbrezza degli effluvi, mitologici ed eno-tecnici, commisti alle brezze persistenti dell'azzurro mare di mezzo a oriente, idonea a recitare in questa festa del nettare degli dei, che sull'isola non può che scorrere come impetuoso ruscello di piacere. Il Festival del Vino di Cipro è di fatto richiamo arcano a riti che hanno attraversato tutto il remoto immaginario della speculazione filosofica e della creazione lirica europea, dalla maieutica di Socrate alle passeggiate dei pitagorici, dalle speculazioni platoniche alle ironie dei sofisti.

La kermesse cipriota, sorta nel 1961, costituisce oggi la gioiosa specularità dell'originaria cultura mediterranea, protesa ad attivare ogni terminale di un carattere sociale che attinge al remotissimo profilo di una tradizione autoctona. Cipro ospitò i cavalieri Templari e quelli di San Giovanni, che da Riccardo Cuor di Leone rilevarono nel 1191 il territorio isolano, inaugurando una fase proto-industriale e neo-commerciale delle attività vitivinicole.

E con la loro sagacia imprenditoriale decisero di frazionare gli spazi produttivi in commandarias, piccoli feudi coltivabili, edificando anche un proprio fortilizio, il Castello di "Gran Commandaria" a Kolossi, presso Limassol, che è giunto all'oggi nella sua salda bellezza strutturale.

I quattro consorzi vinicoli e le numerose piccole eno-attività di Cipro operano a sostegno di questa iniziativa che vive in agosto, ma che trova prosieguo fino al 28 settembre con il Grape Feast, presso taluni storici villaggi.

E settembre è mese di malìa marina nel Mediterraneo; è stagione di filosofica melanconia che predispone l'animo ad un certo amor fati, sulle rive che osservano nuotare gli dei dell'antica Grecia. Musica, vino, un palouze - o budino di mosto d'uva -, del shoushouko - o collana di mandorle bagnata di di mosto -, una manciata di koupepia - o involtini di foglie di vite - accompagnati da generosi sorsi di quel vino stillato dalla terra cui approdò Afrodite dea dell'amore, emergendo sensualmente dalle acque, potrebbero produrre mutamenti intensi d'atmosfera. Dovrebbero, in un luogo di storia incomparabile ma tuttora afflitto da rancorosi odi inter-culturali, da conflitti tra le comunità greca e turca, dilacerate e divise da anacronistici territori-cuscinetto, ancora affidati ai caschi blu dell'ONU.

Ecco dunque come una festa per una libagione di così antico e nobile lignaggio possa giungere a ingenerare una festosa ebbrezza, "che renda il cervello perspicace, vivo, inventivo, pieno di forme agili, ardenti e dilettevoli" giusti i platonici auspici, e sedare per sempre ogni forma cinica di attrito inter-umano.