Un'edizione, la numero 60, che ha potuto avvalersi di registi e attori che hanno saputo rappresentare un Cinema italiano che sta crescendo, con un occhio vigile su quell'apertura internazionale che diventa d'obbligo per poter conquistare i consensi di una platea che ormai non si accontenta più della commedia di facile presa. Quella all'italiana, come vorrebbero continuare a definirla chi crede di demolirla, ma smentiti ugualmente da quel premio a miglior attore non protagonista dato a Carlo Buccirosso per Noi e la Giulia (insieme alla sezione giovani), che non ha sofferto per quelle nove statuette date al film Anime Nere di Francesco Munzi, meritate senza ombra di dubbio.

Un film che ha saputo parlare un linguaggio contemporaneo influenzato dalla velocità di ripresa dei cineasti d'oltreoceano, avvalorando una fotografia (Vladan Radovic) e un montaggio (Cristiano Travaglioli) degni di riconoscimenti. Una piacevole conferma è toccata all'opera di Mario Martone, Il giovane favoloso, partendo dalla meritata premiazione a miglior attore protagonista per Elio Germano, in quella dedica a Giacomo Leopardi che ha firmato l'intera produzione, insignita dei migliori costumi, trucco e scenografia. Non poteva mancare quell'opera intensa di Nanni Moretti, che non ha risentito dell'indifferenza riscontrata a Cannes, ma che ha saputo emozionare pubblico e critica, giustamente attribuendo a Mia madre i David per miglior attrice protagonista a Margherita Buy e non protagonista per Giulia Lazzarini.

Rimangono le caratterizzazioni di un cinema ad effetti speciali che ha saputo premiare l'inventiva di Gabriele Salvatores per Il ragazzo invisibile (migliori effetti digitali) e Giuseppe Marco Albano per il miglior cortometraggio con Thriller.

Quentin Tarantino e il David ritrovato

Ad allietare la serata, condotta da un cerimoniere che ha saputo intrattenere senza eccedere nella facile battuta in Tullio Solenghi, l'attesissima conferma di un ospite di riguardo in Quentin Tarantino.

Il regista portavoce di quel cinema americano che riesce a raccontare con l'occhio dissacratorio del pulp rielaborato, ha ritirato quei David di Donatello che erano rimasti in Italia e vinti per Pulp Fiction e Django Unchained. Una cerimonia dedicata ai grandi cineasti e attori che hanno fatto grande il cinema mondiale, da Orson Welles, Ingrid Bergman e il nostro Mario Monicelli.