Nata a Stoccolma in un giorno di fine estate del 1915,Ingrid Bergman fu una delle pochissime attrici europee che, ancora giovanissima, riuscì a conquistare Hollywood, guadagnando soldi e popolarità: bellissima, con un fisico imponente e asciutto, i capelli biondo cenere tagliati corti e lo sguardo blu e profondo, la svedese più amata dagli studios era tanto determinata quanto dolce, tanto sicura in ambito professionale, quanto sensibile in quello privato. Nonostante le pressioni, rifiutò di cambiare stile, di aggiustarsi i denti leggermente irregolari, di depilarsi le sopracciglia, di indossare tacchi alti, di adottare un nome d'arte: non volle mai essere nient'altro che se stessa e snaturarsi per lei non fu mai un'opzione.
Quando anche il glam hollywoodianocominciò a starle stretto, prese carta e penna e scrisse a Roberto Rossellini una lettera che avrebbe segnato la storia delcinema e dato origine a un sodalizio professionale, umano e sentimentale da cui nacquero film indimenticabili e tre figli. Ma anche quel legame, che generò scandalo e costò alla volitiva attrice l'allontanamento dalla figlia avuta dal marito e il ripudio americano, si ruppe. Quando le fu diagnosticato un tumore al seno, male contro cui combatté molti anni prima di morire nel 1982, la Bergman decise di raccogliere tutte le sue memorie: filmini privati realizzati nei backstage dei suoi film, diari, appunti e letterescambiate confamigliari e amici, alcuni dei quali vere e proprie leggende del Novecento intellettuale e artistico, come Ernest Hemingway: lei che in tenera età aveva conosciuto il dolore di perdere chi si ama (la madre quando era ancora piccolissima, il padre e la zia che si occupavano di lei quando era appena adolescente), temeva di uscire di scena senza lasciare un segno nelle vite di chi l'aveva accompagnata lungo la strada.
Mamma Ingrid
L'idea di utilizzare tutto il materiale che la Bergman,con la precisione e il pragmatismo che le erano propri, aveva raccolto e organizzato, è venuta alla figlia Isabella Rossellini, in occasione dell'incontro con il regista svedese Stig Björkman: insieme hanno dato vita a un documentario dal titolo 'Io sono Ingrid', presentato all'ultima edizione del Festival di Cannes, i cui film vincitori (come 'The Lobster') stanno uscendo proprio in questi giorni nei Cinema italiani.
'Io sono Ingrid' resterà nelle sale per soli due soli giorni, lunedì 19 ottobre e martedì 20 ottobre: un'occasione perentrare nella dimensione più intima di una donna che amava definirsi un 'uccello migratore', cittadina del mondo capace di adattarsi a qualsiasi ambiente e di mimetizzarsi in qualsiasi cultura, attrice che onorò fino alla fine la sua passione più grande, quella della recitazione come fuoco esistenziale e ricerca di senso, missione di bellezza e conoscenza.
Tra i figli che, nel documentario, le dedicano un ricordo, colpisce la più grande, Pia Lindström, avuta dal primo marito e per molti anni lontana da lei: è palpabile, nelle sue parole, un sentimento mai estinto di esclusione e di inadeguatezza nei confronti di una madre agli occhi della quale sospettava di apparire noiosa, poco interessante. Del resto, l'impressione è che mamma Ingrid cercasse di combinareal meglio desideri personali di crescita, passioni individuali e responsabilità materne, cercando l'equilibriotra ambizioni professionali e affetti famigliari come un acrobata sul suo filo: con il timore di non farcela e la certezza di dover provare ad arrivare fino in fondo.