Non si può non vederlo. E non perché è stato sequestrato in Marocco, non per la fatwa cui sono state condannate le attrici, non per la scabrosità dell'argomento, neanche per la grande miseria e l'incommensurabile bellezza del Marocco. Non si può non vederlo per il volto di Noha, di quella donna a cui sono stati tolti i figli, a cui è stata allontanata la madre, quella donna che ha subito violenza per conto di un poliziotto e nonostante ciò reagisce e vive il senso della comunità con le altre tre disgraziate sue compagne di sventura e quando ritorna nella casa sa dormire accanto a loro in cerca di un briciolo di calore umano, ma sa anche reagire e urlare la sua rabbia quando un'amica viene malmenata da uno dei sauditi.

Noha è davvero l'eroina del film, l'ago della bilancia di un quartetto di donne che esercitano in una Marrakesh convulsa e terrificante, dove la donna conta meno di niente e dove una prostituta è quella cosa da prendere e gettare appena è stata usata.

Da vedere questo film, che racconta senza abbellimenti ed edulcoranti la vita vera di una capitale del Nordafrica, frequentata negli alberghi di lusso dai principi sauditi e da molti europei. Gli uomini di qualunque latitudine cercano avventure e le prostitute sono merce a buon mercato in quegli ambienti. E quando un occidentale mitizza il Marocco, ecco il regista mostrare del Marocco quello che è, le sue straordinarie bellezze naturali, ma una ricchezza concentrata nelle mani di pochi e tanta ignoranza e miseria per molti.

Il valore del film

Lo sguardo del regista però non vuole essere solo impietoso, sa spingersi anche sulle ipocrisie di sempre, che nel caso di Noha si centuplicano in quanto, pur portando soldi, la madre per prima la rinnega, la mette al bando temendo il giudizio della gente. E nello sfavillare delle feste che si tramutano in orge, nelle botte prese dall'amica perché il principe saudita di turno non vuole sentirsi dire la verità, nello sguardo indifeso del bambino accattone che si vende per pochi soldi, nella distesa di spiagge senza limiti su albe e tramonti mozzafiato ritrovi il ritornello di sempre, l'impossibilità di una donna di essere se stessa, di dire le cose come stanno, perchè la verità si schianta sugli abissi dell'ipocrisia e soffoca nelle spire fatali del maschilismo di ogni cultura.

Questa è la denuncia più temeraria che Nabil Ayouch (classe 69) compie sulla società marocchina di oggi, purtroppo però il maschilismo e l'oppressione maschile sulla donna sono i mali delle società metropolitane occidentali e coi suoi tentacoli arriva ovunque, anche nei paesini di campagna e nelle cittadine di mare. In questo, Occidente e Oriente si assomigliano, pur nella diversità delle loro culture.

Un film da vedere per capire, al di là delle immagini patinate di brochure turistiche, cosa sia davvero il Marocco oggi e come nei mali di questo paese si possa riflettere anche l'Occidente industrializzato e opulento. Much Loved, molto amate, è ovviamente l'altra faccia della stessa medaglia.