Tutti i numerosissimi fan di “Blade Runner”, uno dei migliori film di fantascienza di tutti i tempi, alla notizia che il sequel del loro film cult si farà saranno sicuramente divisi tra entusiasmo e timore: entusiasmo perché ritroveranno alcuni personaggi molto amati; timore perché molti credono che il seguito della storia sarà semplicemente una mera operazione commerciale.
E’ dal 2011 che ci sono voci riferite all’apertura di un nuovo set ma, secondo quanto hanno affermato Ridley Scott (regista del primo film) e Harrison Ford (che era il protagonista nel ruolo del detective Rick Deckard), le riprese della seconda pellicola dovrebbero iniziare l’estate prossima.
Il nuovo regista dovrebbe essere il canadese Denis Villeneuve (già noto per i film “Polytechnique” del 2009 e “Incendies” del 2010), mentre Ridley Scott si ritaglierebbe solo il ruolo di uno dei produttori con la sua “Scott Free Production”.
La sceneggiatura del sequel
Se Villeneuve dovesse essere confermato dalla Warner come regista si troverebbe comunque ad affrontare l’impresa professionale più ardua della sua vita, poiché la riuscita del sequel di uno dei film più amati (e imitati) della storia del Cinema è, come minimo, messa a dura prova.
La sceneggiatura del nuovo film (che sarebbe, ovviamente, determinante per il successo, commerciale e non) sarebbe stata scritta da tre persone: Michael Green (grande autore di serie tv Usa), Hampton Fancher (che ebbe l’idea originale per la prima pellicola) e lo stesso Ridley Scott.
La sceneggiatura (che colloca il seguito della storia vent’anni dopo gli avvenimenti del 2019) è stata definita da Harrison Ford (che dovrebbe tornare a vestire i panni del “cacciatore di androidi” pentito Rick Deckard) come la cosa migliore che abbia letto in vita sua.
Considerazioni sul film “Blade Runner”
Il film “Blade Runner” e la sua colonna sonora (composta da Vangelis) sono dei capolavori assoluti e sono ormai entrati a far parte dell’immaginario collettivo.
Il film (girato nel 1982 da Ridley Scott) è tratto da un romanzo di Philip K. Dick (pubblicato nel 1968 col titolo “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”) e rappresenta il mondo e la società in un futuro distopico: un mondo futuro reso arido e sterile (la flora e la fauna sono quasi scomparse!) dall’inquinamento radioattivo e dalla pioggia acida perenne; una società futura dove imperano ormai incontrastate delle multinazionali (come la Tyrell Corporation) dedite soltanto al profitto feroce e alla prevaricazione indiscriminata.
E in questo mondo cupo e apocalittico (dove l’unica speranza resta andare in qualche “colonia extramondo”) si inserisce il tema etico del “diverso” e ci si pone la seguente domanda: un androide, dotato di coscienza e sentimenti propri, e non solo indotti, può essere considerato meno di un essere umano?
E c’è da considerare che all’epoca dell’uscita del libro e del film la clonazione e l’ingegneria genetica erano solo pura teoria.
La risposta alla domanda la dà proprio l’androide Roy Batty nel bellissimo monologo finale, quando, poco prima di morire, elogia il dono e il mistero della vita: lui, il più pericoloso e spietato degli esseri, diventa alla fine l’ultimo barlume di speranza in un mondo di tenebre.