Approcciarsi a un mito del fumetto come lo è l’immenso repertorio di strisce realizzato da Charles Schulz è sicuramente un’impresa non da poco. Farlo adesso, negli anni Dieci del terzo millennio, in un mondo iper-connesso e rumoroso, lontano anni luce dalla semplicità di quelle strisce lievi come il tratto di cui erano composte, è una sfida anche più grande. Quando il 5 Novembre “Snoopy & Friends” è arrivato nelle sale, così, la sensazione dominante era che Steve Martino potesse farsi prendere la mano e travisare i personaggi o, al contrario, comunicare molto poco e realizzare null’altro che un collage di strisce che aggiungeva ben poco all’opera originale.
Fortunatamente non è andata così.
Fenomenologia di Charlie Brown
I protagonisti assoluti di “Snoopy & Friends” sono Charlie Brown ma soprattutto Snoopy e i suoi eclettici voli pindarici in groppa al tetto della fidata cuccia rossa. Sono le sue gag e le sue fantasie da scrittore canino in erba a popolare e meravigliare il pubblico – ugualmente composto di adulti e bambini – e intervallarsi in un contraltare continuo alle difficoltà che il suo padroncino deve affrontare nella vita quotidiano. Lo scopo apparente sembra essere quello di conquistare la Ragazzina dai Capelli Rossi ma c’è molto di più, sotto la superficie. C’è un Charlie Brown alla ricerca costante di se stesso, quella ricerca che è la tensione narrativa infinita e mai davvero esaurita delle strisce, una tensione che questa volta, in ossequio alle leggi narrative che vogliono un film conchiuso nei novanta minuti e rotti della sua proiezione, trova uno sfogo.
Charlie Brown, provando e riprovando, confrontandosi con amici sinceri come Linus e compagne arroganti e un po’ troppo brutali nella loro sincerità come Lucy, riscopre se stesso. Sfugge alla condanna dell’essere l’eterno perdente ma non per diventare un vincente, bensì per riuscire a guardarsi dentro con onestà e vedere cosa c’è davvero, sotto lo strato spesso di auto-commiserazione e incertezze che spesso lo blocca.
Quando l’adattamento conserva lo spirito della storia
Steve Martino, regista di “L’era Glaciale 4”, ha raccontato di come per questo film si sia avvalso di una collaborazione costante con Craig Schulz, figlio di Charles, e con la vedova del fumettista, che gli ha aperto le porte dello Schulz Museum e gli ha fornito tutto il materiale e i racconti di vita vissuta necessari a inquadrare al meglio tutti i personaggi dei “Peanuts”.
Lo sforzo, a detta dello stesso regista, è stato intenso e il percorso costellato di difficoltà, tanto che il lavoro di realizzazione è durato tre anni. Il risultato ripaga ampiamente le aspettative. Martino e Feig, sceneggiatore del film, sono riusciti a mescolare situazioni riprese dal fumetto, per raccontare le avventure di cui erano protagonisti Charlie Brown e Snoopy, e organizzarle in una trama organica, con uno sviluppo preciso.
Se è vero che parte dello spirito fatalista e filosofico del fumetto si è sfumato, è altrettanto vero che ai personaggi è stata data una dimensione più dinamica, che li ha portati a crescere ed evolversi nel corso della storia, come non poteva accadere nelle strisce settimanali, condannate all’inconsumabilità che questo tipo di fumetto richiede, per sopravvivere nonostante lo scorrere del tempo. Un film per bambini? Forse, ma a giudicare dalle risate in sala, è riuscito a toccare a fondo anche il cuore degli adulti.