La leggenda narra che il genere heavy metal sia nato il 13 Febbraio 1970 con la pubblicazione del primo LP (al tempo si chiamavano così i dischi in vinile che giravano sugli appositi piatti a 33 giri al minuto) dei Black Sabbath, quartetto britannico originario dei sobborghi di Birmingham, che stava per cambiare inconsapevolmente il destino della musica rock. A quarantasei anni di distanza, praticamente metà di una vita, quell’album che si intitolava semplicemente con il nome del gruppo e invadeva gli scaffali dei negozi con una copertina tutt’altro che attraente è ancora dannatamente attuale e rimane il punto di riferimento per i musicisti del genere.
Il successo di Black Sabbath
“Black Sabbath” è stato a tutti gli effetti un disco di “rottura”, così diverso nell’immagine, nelle tematiche e nei contenuti musicali ai quali il pubblico era abituato tra la fine degli anni sessanta e primi albori dei settanta. Dicevamo, appunto, della copertina che ritrae un’inquietante figura femminile, rigorosamente vestita di nero, in mezzo a un bosco che nessuno sceglierebbe per uno spensierato picnic in famiglia. E cosa dire di quell’intro con il rumore della pioggia accompagnato dal rintocco solenne di una campana funerea che echeggia in lontananza? Ai giorni nostri probabilmente non spaventerebbe nemmeno un neonato, ma nel 1970 faceva di sicuro un altro effetto.
La vera rivoluzione di “Black Sabbath” risiede comunque nella musica, a cominciare dai monolitici riff di chitarra di Tony Iommi, fino adarrivare alla voce, unica e inconfondibile di Ozzy Osbourne.
Il marchio di fabbrica dei Black Sabbath
La prima sequenza di note dell’omonima title-track, con il suo incedere lento, minimale e inesorabile, diviene ben presto il marchio di fabbrica della band, sulle cui fondamenta andrà poi a poggiare e svilupparsi lo stile ritmico dei futuri chitarristi metal.
In poco più di sei minuti, il gruppo mette a nudola propria essenza, passando dalle atmosfere cupe e pesanti ad ipnotiche accelerazioni, con la voce di Ozzy perennemente in bilico sul sottile confine tra la perfezione e la stonatura: il tutto mentre Geezer Butler al basso e Bill Ward alla batteria interpretano i propri ruoli in maniera assolutamente innovativa, non limitandosi a completare la scena sonora, ma diventando parte di essa con grande presenza e personalità.
Il secondo brano, “The Wizard”, parte un po’ a sorpresa con il suono di un’armonica a bocca e, per certi versi, è ancora oggi uno dei pezzi meno “sabbathiani”: più vicino all’hard rock di matrice blues che al metal, è comunque un esempio di come Ozzy e compagni siano sempre stati in grado di spaziare tra diverse influenze, senza rinunciare al proprio marchio di fabbrica. Ma è con le successive “Behind The Wall Of Sleep” e “N.I.B.” che i Sabbath calano gli assi. La prima è un viaggio psichedelico scandito dal drumming sublime di Ward, che fa letteralmente danzare le bacchette sui tamburi come un golfista che ha ritrovato il proprio swing. La seconda è un super-classico firmato BS, a cominciare dal lavoro superlativo di Iommi, che oltre a sfornare un altro riff leggendario si conferma eccellente esecutore di assoli, passando poi per l’articolata trama di basso di Geezer e l’interpretazione vocale da brivido di Mr.
Osbourne. Il lato B del vinile ci consegna invece due cover, "Evil Woman" e "Warning", e un episodio prevalentemente strumentale, "Sleeping Village", a conferma del fatto che i Sabbath degli esordi sono un'entità ancora in via di definizione (e come potrebbe essere altrimenti?), con un enorme potenziale espresso solo in parte in questa imperdibile opera prima.
Ozzy, Tony Iommi e Geezer Butler (accompagnati alla batteria da Tommy Clufetos) saranno in Italia, per l’ultima volta, in occasione del The End Tour, il 13 Giugno all’Arena di Verona.