Nonostante sia un film che probabilmente finirà nel dimenticatoio per non aver avuto la possibilità come altri piuttosto recenti quali "Deadpool" o "Suicide Squad" di mantenere un alto livello di competitività per mezzo delle campagne pubblicitarie, pare ovvio che resterà fermamente inciso nel cuore dei cinefili, che saranno non solo soddisfatti, ma del tutto affascinati e travolti dal protagonista impersonato dall'inimitabile Bryan Cranston, il quale ha concesso a Jay Roach la prova della vita. Mai prima d'ora si è piùmeritatouna nomination alpremio Oscar da miglior attore, mai prima è riuscito ad immedesimarsi in un ruolo con tanta profondità e spessore.

Il regista Jay Roach, che si avvale della presenza di un cast decisamente convincente, che comprende la preziosaHelen Mirren, nei panni di Hedda Hopper, una dellegiornaliste più temute e pettegole di quegli anni, maancheMichael Stuhlbarg, protagonista di "A serious man", e John Goodman, anche lui feticcio dei fratelli Coen,si concentra sul Dalton uomo, marito e padre.Pare richiamareil documentario sul registagirato nel 2008dall'omonimo titolo,mantenendo una descrizione dettagliata di ciò che è avvenuto, soffermandosiin particolar modo, però, sulla parte umana del soggetto, più che sul suo lavoro, descrivendo perfettamente il rapporto con la famiglia e coi colleghi di lavoro che lo hanno supportato in quegli anni buinegli scioperi per lottare a difesadel comunismo e con quelli che invece lo hanno tradito.

Le conseguenze della Guerra Freddasu Trumbo

In questo lavoro si ripercorrono le varie tappe della vita di uno degli sceneggiatori più influenti nella storia del Cinema hollywoodiano, Dalton Trumbo. Un'artista, dedito quasi sempre e solo al lavoro, costantemente screditato a causa delle sue idee politiche, in un periodo in cui i piani alti della società non distinguevano il lavoro di un uomo, dalla sua posizione nella vita.

Umiliato per anni a firmare le proprie sceneggiature con pseudonimi o a chiedere ad altri suoi amici del mestieredi firmarle al suo posto, ha messo in ridicolo la cosiddettainsulsa "Lista nera", dove venne inserito nella ristretta cerchia dei "10 di Hollywood"con l'accusa di essere un pericoloso radicale comunista, nemico di unoStato in piena "Guerra Fredda" con l'Unione Sovietica, vincendo per ben due volte l'Oscar al "Miglior soggetto", per "Vacanze romane" e "La più grande corrida", che gli furono riconosciuti solo in seguito al suo reinserimento nel mondo del cinema.

Un autore bizzarro, ma paradossalmente razionale all'estremo,gli piaceva aversempre l'ultima parola, senza arroganza.

Dicono che lavorasse persino nella vasca da bagno e che i famigliari non lo vedessero per ore e ore quando era all'opera. Sempre il solito schema: vasca piena fino all'orlo, tavolinetto davanti a sé per poggiare i fogli, penna a stilo, sigaretta la cui cenerementre erasovrappensiero finivanell'acqua e una bottiglia dello stesso liquore scadente.Inutile appellarsi al primo emendamento, nel dopoguerrail cervellopacato della maggior parte della popolazione americana, in una fase in cui l'alleanza tra America e Russiaera ormai solo un ricordo, non comprendeva che dichiararsi apertamente comunista non volesse dire essere necessariamente filorussi.

Per accuse infondate finì anche in galera, ma non smise mai di scrivere. Una volta uscito, lavorò per una casa produttrice che puntava più sulla massima quantità, che sulla qualità. Lavorò ininterrottamente sotto falso nome fino al 1960, quando, dopo le collaborazioni con Otto Preminger e Stanley Kubrick, regista di Shining, il cuiprequel è ormaiimminente,i quali decisero di inserire il vero nome dellosceneggiatore nei titoli di testa, tornò ad essere ben accetto nel cinema, venendo anche reiscritto nella Writers Guild of America. Un'opera interessante, riservata ad un pubblico di nicchia.