C'è tempo fino all'11 settembre 2016 per ammirare le opere di Mirò al Mudec di Milano, il Museo delle culture, che propone una retrospettiva di opere di Joan Mirò che vanno dal 1931 al 1981 e dopo Gauguin questa sembra essere un 'altra mostra di grande valore.

Visitarla significa scoprire la versatilità dell'artista che oltre la pittura ha portato la sua ricerca nel settore della scultura, della ceramica, della cartellonistica, del mosaico e della grafica e ha saputo attraversare questi anni guardando sempre verso il nuovo e verso la sperimentazione.

Nella biografia di Mirò c'è un passaggio molto particolare. Aveva studiato contabilità e si era messo a lavorare come contabile, ma per uscire da una forma acuta di febbre tifoidea venne inviato presso la fattoria di Montroig, di proprietà della famiglia, e dopo poco si trasferì a Parigi e incominciò a frequentare il circolo Dada incontrando Tzara, il suo animatore. Sarà un incontro fatale.

Entrando a frequentare il circolo Dada avrà modo di lasciarsi influenzare da Picasso e da lì conoscere Breton che molto lo influenzerà nel lavoro successivo.

Opere di Mirò presenti alla Mostra del Mudec

In mostra si possono ammirare molti quadri che provengono dalla Fundaciò Joan Mirò di Barcellona, ma anche le sculture polimateriche.

E questo perché la rassegna s'incentra per l'appunto sulla materia. Uno dei suoi pensieri famosi è proprio questo 'Bisogna aver il massimo rispetto per la materia. È lei il punto di partenza. È lei che detta l'opera, lei che la impone'. Nello svariato elenco di sculture si può citare come segno di una stravaganza ed originalità assolute 'Testa e schiena di Bambola'.

In questa opera le parti del corpo di una bambola vengono scolpite sul coperchio di una lattina accartocciata e questo per quel principio di decontestualizzazione che fu proprio delle avanguardie e che divenne l'elemento propulsore della libera associazione. La materia guida l'artista nelle sue scelte e il principio della libera associazione nelle composizioni.

E tutta l'opera pittorica di questo stravagante artista sconfina, per la sua semplicità e innovazione con la poesia e con la produzione calligrafica. C'è un dipinto in mostra in una delle sale iniziali del 1962 che si ispira al Kakemono, calligrafia nipponica che si ritrova nei luoghi dove si svolge la cerimonia del tè. Il dipinto s'intitola l'ukigo-e e altro non è che una tela verticale su cui sono dipinte tre lettere. La mostra offre ai visitatori la possibilità di un viaggio virtuale in 3d nello studio di Mirò di Palma di Maiorca, ristrutturato e ingrandito dal suo amico architetto Josep Luis Sert: lì si possono vedere i tavoli da lavoro, i pennelli, i grandi pannelli disposti sui cavalletti, collocati negli spazi altissimi di una vecchia casa di campagna spagnola.

In un angolo, inoltre, si può osservare, seduti su comodi divani, un filmato che illustra la colatura del colore che si espande sulla sabbia. E quel colore celeste scende, forma rivoli che sembrano cadere sui nostri occhi fino a imbrattare tutta la materia sabbiosa e creare un effetto suggestivo di colata celestiale.

Una mostra che vuole sorprendere ma quello che più affascina è la capacità di far entrare chiunque nel mondo visionario e carico di colore di un artista che della sperimentazione e dell'assemblaggio di prodotti di scarto ha fatto la sua cifra e la sua fortuna.

In quel mondo l'anima, quella che Jung definiva ' anima mundi' spazia felice e si rallegra.