Letteralmente in tutte le librerie. Negli Stati Uniti per Simon & Schuster, in Francia per Editions Albin Michel, in Germania per Heyne, in Svezia per Natur & Kultur, in Olanda per Spectrum, in Danimarca per Politkens, in Norvegia per Cappelen Damn, in Finlandia per Otava, in Spagna per Penguin Random e in Italia per Mondadori, è uscita l'autobiografia di Bruce Springsteen, "Born to run". In più di cinquecento corpose pagine il Boss si racconta ed avvince, con la sua storia di ragazzino cresciuto in provincia, da genitori di origine italiana (la madre) e irlandese (il padre) e tesse una narrazione avvincente, che si legge come un grande romanzo di formazione.
Con un registro spigliato e quasi adolescenziale, Springsteen si racconta con grazia e divertimento, rabbia e voglia di riscatto. Mentre lo fa, ci fa entrare in uno scorcio di storia americana che, per modelli culturali comuni, può essere anche molto simile a molte altre (per esempio, quando racconta della dirompente e inconsapevole rivoluzione di Elvis Presley).
I temi di 'Born to run'
Naturalmente, si dirà, questo libro venderà alla grande, vista la fama e la sterminata schiera di fan del mitico Boss. Ma pure bisogna dire che questo libro ha il pregio di essere un buon libro. Se, per gioco, togliessimo il nome dell'autore e cambiassimo i titoli delle canzoni, inventando, ne verrebbe comunque fuori la narrazione della vita di un ragazzo che per origini, stato sociale e povertà economica, sarebbe destinato ad essere un loser, un perdente, al massimo uno che s'accontenta, una specie di Holden rock.
Invece il piccolo Bruce (BRAAAAUCEEE, gridava il nonno italiano), riesce a vincere la sua sfida con il mondo, spesso proprio grazie agli handicap che la vita gli impone, grazie alla musica, alla voglia di essere di più, mai con prevaricazione da arrivista, ma come necessità, per sé e per altri. La fedeltà agli affetti e alle amicizie, l'ingenuità ma anche l'intelligenza istintiva, tracciano per lui, e per noi lettori un percorso di vita affascinante, perché tutto guadagnato nel miscuglio di ostinazione e fortuna, volontà "rock" di essere e nonostante tutto il successo, un certo "understatement" dell'io narrante che non ha mai la spocchia del vincente, ma la simpatica umiltà (non importa quanto ci giochi, funziona) del perdente di successo. E che successo! Born to run. Everybody.