C’è stato un tempo in cui il cinema di genere era vivo, florido. I filoni, i periodi, son stati tanti: il peplum, il western e il poliziesco (con le fantastiche varianti italiche), i film di arti marziali, il buddy movie. I tempi cambiano, il ventunesimo secolo è giunto, portando con sè molte problematiche riguardo la settima arte: le pay tv, internet e la conseguente pirateria sempre più dilagante, lo streaming, le piattaforme on demand.
Dagli anni 2000, col passare del tempo, il cinema ha rischiato di scomparire. Ma si sa, le vecchie abitudini sono dure a morire, ecco quindi le sale riadattarsi: multisala a gogò, sconti settimanali, abbonamenti.
Tutto per riportare lo spettatore davanti alla magia del grande schermo e mandare avanti un business magico e redditizio da più di un secolo.
Masi parlava di cinema di genere
Ebbene, un nuovo genere negli ultimi anni è esploso, portando nuova linfa (seppur commerciale) alle sale cinematografiche: il cinecomic, o per i profani “film tratti dai fumetti”. Tranne alcuni casi in passato (come non citare il magnifico Diabolik di Mario Bava datato 1968 o il Batman di Tim Burton del 1989), dal primo X-Men (2000) di Bryan Singer, si son susseguiti, con risultati altalenanti, film tratti dalle pagine della “casa delle idee” e non solo.
Dal 2008 in particolare, con il primo Iron Man, la Marvel ha deciso di rendere i suoi film tutti collegati, con un progetto a lungo termine che fino ad ora ha nel 2028 l’anno di fine dei lavori.
Vent’anni di cinefumetti Marvel e non solo (Suicide-squadad esempio è DC/Warner).
Sono tanti venti anni
Stessa considerazione che deve aver fatto #Hugh Jackman, che alla luce dei suoi 48 anni ha deciso, vuoi per l’età, vuoi per il bisogno di interpretare ruoli diversi nella sua carriera (o per la moglie che non lo voleva più con la barba del mutante) di dire addio a tutti i fan di Wolverine e al personaggio stesso diciassette anni dopo la prima volta, con il terzo film in solitaria del mutante, quel logandiretto nuovamente da James Mangold che si prospetta tanto dark e violento quanto toccante e delicato.
L’attore australiano è proprio grazie al suddetto personaggio che ha raggiunto la notorietà, ed ha contribuito insieme ad altri suoi colleghi (Patrick Stewart e Robert Downey Jr. per esempio) a far capire al mondo dell’entertainment e non solo che il filone cinecomics era un genere destinato a grandi imprese, sia per quanto riguarda il seguito economico, sia per le carriere degli attori meno conosciuti, che come in questo caso possono essere letteralmente “lanciate”.
In altri casi, soprattutto negli ultimi anni, sono proprio attori già affermati a chiedere l’ingaggio in un cinecomic o ad aspirare ad esso, ecco quindi che dove un attore lascia i superpoteri, ne arriva uno nuovo.
Nominato all’Oscar per The Imitation Game (2014) e a tre premi BAFTA per la sua interpretazione nella serie Sherlock, #Benedict Cumberbatch (40) entra nel mondo dei cinecomics con #Doctor Strange, prima incarnazione filmica dello stregone supremo di casa Marvel.
Fin da subito fan e critici hanno accolto molto bene la scelta dell’inglese nel ruolo del dr. Stephen Strange, sia per la somiglianza fisica col personaggio che per le doti attoriali di Cumberbatch, considerato uno dei migliori attori oggi in circolazione.
L’attore si è sempre dichiarato onorato di far parte dell’universo Marvel cinematografico che si allarga sempre di più e di interpretare un personaggio tanto potente quanto diverso da tutti gli altri visti fino ad ora sul grande schermo, ma confessa anche che prima dell’ingaggio non aveva mai particolarmente approfondito le storie dello stregone supremo e in generale dei fumetti americani, preferendo quelli europei come Tintin o Asterix.
Insomma, Jackman ringrazia, Cumberbatch probabilmente ringrazierà.
Una cosa è certa: il filone cinecomic è vivo e lo sarà a lungo, e chi va o chi viene sarà per sempre inquadrato come facente parte di un nuovo tipo di cinema di genere, nel bene o nel male.