Presso la Pinacoteca di Brera, dal 10 novembre al 5 febbraio, sarà ammirabile un quadro di Michelangelo Merisi da Caravaggio ad oggi molto discusso, "Giuditta che decapita Oloferne", lavoro comparso di recente in una soffitta di una villa di Tolosa. Lo Stato francese ha due anni per acquisirlo, qualora non lo facesse il quadro potrebbe essere immesso sul mercato dai privati proprietari per la modica cifra di 120 milioni di euro di base.

L'opera è per la prima volta fruibile dal pubblico e sarà esposta di fianco alla "Cena in Emmaus" di Caravaggio, questo sembra legittimare senza ombra di dubbio l'attribuzione a Merisi.

Lo storico dell'arte Giovanni Agosti si è dimesso dal comitato consultivo del Museo per rendere manifesto il suo dissenso, per lui non si tratta di un'opera del Caravaggio.

Paradossale è che l'opera sarà esposta con un asterisco che esplicherà come l'attribuzione"è una condizione del prestito e non riflette necessariamente la posizione ufficiale né della Pinacoteca di Brera, né del suo consiglio di amministrazione, del comitato consultivo, del direttore o del personale".

La posizione del direttore di Brera James Bradburne rispetto le polemicheè che intorno al quadro e la sua esposizione ci sia una profonda incomprensione, la cornice espositiva titolata "Una questione di attribuzione", mirerebbe proprio a fare presente quanto attribuire la paternità di un lavoro sia questione complessa.

Di fianco al dipinto ci saranno anche quadri del fiammingo Louis Finson, artista che lavorò con Caravaggio e dipinse direttamente dall'originale dei suoi quadri.

"La cena di Emmaus" di Caravaggio e una copia di "Giuditta e Oloferne" di Finson, che orienteranno l'opinione dello spettatore e dell'appassionato d'arte. In sintesi per James Bradburne l'esposizione non mira a diradare dubbi ma ad alimentare una dialettica sul tema, questo anche a mezzo sondaggio sul sito della Pinacoteca, dove lo spettatore potrà dichiarare il suo pensiero sull'eventuale Caravaggio ritrovato.