Dal prossimo 18 marzo apre i battenti al MATA di Modena la seconda edizione di "Effimera – Suoni, luci, visioni": protagoniste le opere di Carlo Bernardini (1966), Sarah Ciracì (1972) e Roberto Pugliese (1982). Abbiamo intervistato i due curatori Fulvio Chimento e Luca Panaro per saperne di più.

Come nasce la rassegna annuale Effimera?

Il progetto è stato ideato a fine 2015 e ha trovato attuazione nel 2016 con la realizzazione della prima edizione. Effimera analizza la produzione artistica contemporanea che presenta un alto grado di implicazione tecnologica, allo scopo di valorizzare artisti italiani nati negli anni '70 e '80 che si caratterizzano per un uso “personale” e diversificato della sofisticazione tecnologica.

Viene proposta un’Arte immateriale, rarefatta, che cerca una relazione-interazione con i sensi. In mostra non sono presenti oggetti intesi come prodotti artigianali o prodotti artistici tradizionali: la relazione che si innesca con le opere è mediata da uno stato emotivo complessivo e da una fruizione immersiva. Attraversando e vivendo lo spazio, lo spettatore subisce una fascinazione che va oltre il significato delle singole opere, ciò che conta non è la visione dell’oggetto in sé, ma l’esperienza della visione.

Cosa distingue questa seconda edizione?

Nel 2016 ci siamo concentrati sul web, inteso soprattutto nella sua dimensione performativa e relazionale. La nuova edizione si concentra su quelle componenti immateriali dell’arte che nel corso degli ultimi decenni si sono conquistate una progressiva autonomia sul terreno sempre più fertile dell’arte: suono, luce, proiezioni (visioni).

Abbiamo scelto di suddividere lo spazio del MATA in tre ambienti creando un percorso rivolto ai sensi in modo cinestetico. Il punto di partenza di questo “attraversamento” è costituito dalla ricerca acustica di Pugliese; il punto finale è rappresentato dalle installazioni luminose in fibra ottica di Bernardini, passando per le immagini fluttuanti degli affreschi digitali di Ciracì.

Quali sono le peculiarità delle opere di Carlo Bernardini, Sarah Ciracì e Roberto Pugliese?

Bernardini realizza grandi installazioni luminose in fibra ottica. La fibra ottica tirata da questo artista nello spazio definisce e isola precise porzioni di buio, tanto che il risultato finale è una sorta di disegno luminoso che, pur nella sospensione, trova un equilibrio reale e netto.

La Ciracì in mostra porta un’opera inedita, Like an ocean with his waves…, che si richiama alla fisica quantistica ricercando un legame con la spiritualità orientale: la realtà non è qualcosa di oggettivo che esiste a prescindere da noi, ma cambia in base al punto di vista dell’osservatore. In un affresco digitale composto da due proiezioni video identiche, speculari, si muovono le onde del mare riprese da un drone, che, toccandosi, creano un’interferenza che produce immagini pescate dal mondo fenomenico: galassie, particelle, montagne, alberi e persone comuni.

Roberto Pugliese è uno dei più interessanti sound artist a livello internazionale, che crea delle installazioni ambientali nelle quali la componente acustica ha un valore predominante.

Il suono descrive un paesaggio vasto, carico di interconnessioni, che diventa, suggestivamente, un vero e proprio paesaggio sonoro.

Cosa si intende per installazioni ambientali?

L’arte “ambientale”, o “programmata”, trova diffusione a partire dalla fine del secondo conflitto bellico. Gli artisti italiani sono tra i primi a realizzare degli ambienti “abitabili” in senso artistico. La nascita di questi ambienti è conseguenza delle teorizzazioni futuriste, costruttiviste e dadaiste, che si sono soffermate sull’idea di un’arte in grado di “colonizzare” la dimensione reale e di estendersi anche ai luoghi del vivere abituale. Il ruolo dell’osservatore è fondamentale perché completa il processo di realizzazione dell’opera. Effimera è il riflesso di un’arte ambientale aggiornata al presente, che si avvale della sofisticazione tecnologica del nostro tempo.