Ieri a Cannes i riflettori non erano puntati solo sui lungometraggi in concorso, ma anche sul debutto alla regia di kristen stewart con il suo “Come Swim”. L’attrice racconta il suo debutto alla regia come una sorta di liberazione: “Avevo questo pensiero in testa da quattro anni, solo dopo molto tempo mi sono accorta che l’unico modo per andare avanti era scriverlo e raccontarlo”.

Kristen Stewart regista: "Racconto me stessa"

L’attrice spesso sulle copertine dei giornali per le sue, vere o presunte, storie d’amore ha in realtà un curriculum di tutto rispetto: basti pensare che lo scorso anno è stata sulla croisette come protagonista del film d’apertura “Café Society” di Woody Allen, ma non solo ha collaborato con altri registi importanti come, Sean Penn (Into The Wild), David Fincher (Panic Room) e non ultimo Olivier Assayas con il quale a lavorato ben de volte per “Sils Maria” e “Personal Shopper” che troverete ancora nelle sale italiane.

La poliedrica attrice si è raccontata all’Hollywood Reporter parlando del suo lavoro da regista e di attrice segnando una differenza netta tra i due ruoli: “Quando vengo intervistata come attrice cerco di raccontare il pensiero di qualcun altro e questo mi reca sempre un po’ di disagio, infondo quando reciti sei una microscopica parte di qualcosa di più grande e complesso e non sai mai se quello che dici è quello che vorrebbe davvero il regista; ora invece mi sento libera di rispondere a tutte le domande che volete perché parlo per me stessa. È una bella sensazione”

Un dittico tra sogno e realtà

Il cortometraggio “Come Swim”, presentato in esclusiva allo scorso Sundance Film Festival, racconta in due parti la storia di un uomo e dei suoi diversi livelli di sofferenza, in una narrazione che ricorda per certi versi Terrence Malik con immagini viscerali e metaforica raccontate da una profonda voce fuori campo, che per “Come Swim” è la stessa Stewart.

“Il modo in cui ognuno di noi ingrandisce la propria sofferenza è qualcosa che mi ha sempre affascinato, qualsiasi cosa vista da lontano sembra insolita e a volte banale, ma quando ci sei dentro è come se si fosse in una graphic novel” ha spiegato l’attrice e regista.

Il protagonista Josh Kaye, che debutta proprio in questo film mostra perfettamente questo dualismo di sentimenti tra mente e corpo: “L’idea di un uomo che si addormenta in acqua è un pensiero che accompagna da molto tempo, ho pensato ‘perché mai un uomo dovrebbe farlo?’, per me questo rappresenta un insieme tra soddisfazione ed isolamento che anche se non può durare in eterno da una sorta di libertà assoluta”.

Questa idea l’attrice l’ha rappresentata in diversi modi prima che in forma di cortometraggio, dalla scrittura di una poesia, che poi è la stessa che l’attrice legge nel film, alla creazione di quadri: “Perché ho voluto complicarmi la vita con un progetto così complicato? Non lo so forse sono masochista” ha scherzato la Stewart.

Nonostante il film non fosse una prima assoluta l’attrice, nel presentarlo ieri in sala, non ha nascosto una certa emozione ringraziando gli organizzatori della kermesse francese e non prolungandosi molto in spiegazioni ha concluso con un “That’s do it! Let’s watch the movie” (“Facciamolo! Guardiamo il film”).

Il suo lavoro sul grande schermi si districa in diversi stili di recitazione dal commerciale al più indipendente senza mai sbagliare un colpo la Stewart è una delle attrici più promettenti del panorama internazionale e non è detto che dopo questo suo cortometraggio non voglia cimentarsi in qualcosa di più lungo.