Nata Diana di Themyshira, principessa delle Amazzoni, Wonder Woman cresce su un'isola paradisiaca riparata dal mondo. Unica bambina del posto, gode dell'amorevole protezione della madre Hyppolita e del popolo di sole donne, che le nascondono le sue vere origini. Eppure ciò non impedisce al Generale Antiope, mentore di Diana, di addestrarla duramente nel caso in cui Ares, il dio della guerra, decida di ricomparire. Una volta cresciuta, Diana assiste all'ammaraggio del capitano Steve Trevor, una spia americana braccata dai tedeschi, lo salva e decide di lasciare l'isola di Themyshira alla volta del fronte.

Wonder Woman è un film-prologo

L'intento è appunto quello di presentarci le origini di Wonder Woman e delle Amazzoni, donne bellissime e combattive. Pare che Zeus stesso le abbia create per difendere l'umanità dal dio della guerra, che ha corrotto gli uomini e li ha spinti alla violenza.

Come sappiamo, Wonder Woman è un'icona femminista dal 1941. William Moulton Marston, teorico del femminismo, le diede vita perché le donne avessero un modello da cui trarre ispirazione per portare avanti con forza le loro idee. Ma il film del 2017, fedele o meno al fumetto originale, può essere considerato femminista? Sì, secondo chi scrive.

Perché Wonder Woman è girl power

Steve: "Ci serve un uomo per questo".

Diana: "Io sono l'uomo che cerchi".

Diana sfida l'autorità e le convenzioni sociali ed è, per sua natura, ribelle. Potente e determinata, si oppone con audacia alle regole delle Amazzoni (che vorrebbero preservare la sua ingenuità il più a lungo possibile) e del mondo (che la vuole fuori dagli ambienti prettamente maschili e la discrimina in quanto donna). "Ciò che faccio non lo decidi tu", dice.

L'obiettivo di Wonder Woman è arrivare al fronte e combattere contro Ares per salvare l'umanità, eppure non la vediamo mai galvanizzata dalla guerra -come se per lei l'intera situazione rappresentasse un gioco- ma rimane concentrata sul proprio compito e osserviamo la sua profonda empatia verso il genere umano.

I costumi delle Amazzoni -che ricordano quelli dei Gladiatori- non sono né scollati né castigati, non rimandano a un erotismo spiccio e facilmente spendibile.

Il corpo delle Amazzoni e di Diana non è stato sfruttato dalla regia come mera arma di seduzione a beneficio dello spettatore maschio, bensì emana forza e autodeterminazione fino ad essere esso stesso un'arma efficace per la lotta. Le Amazzoni, in proporzione sia di razza bianca che nera, non sono troppo muscolose e nemmeno vengono femminilizzate all'inverosimile ma rimangono bellissime pur essendo più "vecchie" di Diana.

Diana non è pudica, come si conviene alle donne di quel preciso periodo storico, ma disquisisce tranquillamente di sessualità e sorprende Steve Trevor nudo, pur senza sentirsene imbarazzata. A tal proposito, Diana non si vede mai nuda e sottoposta allo sguardo maschile. Non sono state fatte riprese dal basso, la cinepresa non indugia lascivamente nel sottogonna dell'eroina, cosa che prevedevo e temevo.

Le osservazioni sulla sua bellezza la lasciano del tutto indifferente e, anzi, Diana non sfrutta mai la sua avvenenza, nemmeno per sedurre il Generale Ludendorff, colui che lei si propone di uccidere. Diana non viene mai salvata da Steve, ma si salva da sola e salva il mondo senza il suo aiuto; sceglie da sola il proprio abbigliamento senza lasciarsi influenzare dalla moda del momento e dai consigli dei suoi accompagnatori; chiede a Steve di dormire con lei ma non coglie, deliberatamente, i goffi tentativi di seduzione di lui.

Infine, il personaggio maschile è una spalla, non ruba la scena a Wonder Woman, è umano e non ha particolari talenti, non la irretisce. L'amore non costringe Diana a compiere scelte in disaccordo con la sua missione iniziale: uccidere il dio della guerra.