I paladini del politicamente corretto estremo hanno colpito ancora: negli Stati Uniti è stato cancellato il Laura Ingalls Wilder Award, uno dei più prestigiosi premi letterari per l’infanzia. Secondo l’associazione dei bibliotecari americani, i romanzi della serie “Little House” (a tutti noti come “La casa nella prateria”) sono caratterizzati da razzismo nei confronti della popolazione nera e dei nativi americani.

"La casa nella prateria", libri per ragazzi letti in tutto il mondo

Laura Ingalls Wilder era una scrittrice statunitense nata nel 1867 e morta nel 1957.

E’ conosciuta in tutto il mondo per i suoi romanzi che raccontano la vita e il vissuto della famiglia Ingalls tra il 1870 e il 1890, in una fattoria sperduta nella prateria americana, vicino a un paesino nel Minnesota. I romanzi sono scritti in terza persona ma in realtà sono la biografia della piccola Laura e della sua famiglia composta dal papà Charles, dalla mamma Caroline, e dalle tre sorelle Mary, Carrie e Grace alla fine del XIX secolo. Una famiglia di pionieri, insediata in un territorio ancora non esplorato e che, nel corso degli anni, si rese protagonista di viaggi verso l’ovest per sfruttare le risorse che offriva l’America ad agricoltori e allevatori.

Ma secondo la Alsc (Association for Library Service to Children) i romanzi della Ingalls “mettono spesso in luce sentimenti anti-amerindi e anti-neri”, tanto che nei giorni scorsi, all’unanimità, è stato deciso di cancellare un premio istituito nel 1954 in memoria dell’autrice.

Il riconoscimento sarà ancora assegnato, ma con il nome di Children’d Literature Legacy Award.

In Italia è famosa l’omonima serie televisiva

Nel nostro Paese “La casa nella prateria” è famosa non solo per i romanzi, ma anche per l’omonima serie televisiva, prodotta tra il 1974 e il 1983 dalla Nbc: nove stagioni, 204 episodi e sei lungometraggi per la tv, trasmessi in Italia da Rai e Mediaset dal 1977.

In realtà non vi è nulla di razzista nei romanzi di Laura Ingalls: l’autrice non ha fatto altro che raccontare spaccati di vita quotidiana delle famiglie di pionieri a fine ‘800, quando l’integrazione della popolazione di colore era ancora assai lontana e, al tempo stesso, i rapporti con gli “indiani d’America” – quando ancora li si poteva chiamare così – erano tutt’altro che pacifici.

All’epoca si viveva in quel modo, i rapporti erano quelli, è un passato che non si può cancellare. La Alsc parla di “stereotipi che sfiorano il razzismo”, ma dimentica – volutamente – che i romanzi in questione sono stati scritti nel 1935, quando l’America era ben diversa rispetto a quella attuale. La stessa Ingalls, orma vicina alla morte, disse chiaramente che la ragione per la quale scrisse i suoi Libri era soprattutto preservare le storie della sua infanzia per giovani d’oggi, per permettere loro di comprendere quanto fosse cambiato il Paese nel corso della sua vita. I bibliotecari Usa sono evidentemente abituati a catalogare, non a comprendere.

L'estremismo del politicamente corretto, quello che vuole vedere razzismo a tutti i costi, miete un'altra vittima: quello che oggi tocca a Laura Ingalls, alcuni mesi fa era stato riservato a Cristoforo Colombo, quando diverse città statunitensi hanno cancellato la festività del Columbus Day, fissata nel 12 ottobre, perché al navigatore genovese andrebbero ascritte le responsabilità delle stragi delle civiltà originarie americane, sia per quanto riguarda il Nord sia per il Centro America (Inca, Aztechi, Indios eccetera).

Evidentemente negli Usa è difficile comprendere che, senza Cristoforo Colombo, la storia americana avrebbe avuto un’evoluzione completamente diversa e, forse, oggi non esisterebbero quegli stessi Stati Uniti che rinnegano l’ammiraglio delle tre caravelle.

Viene da chiedersi se un Paese senza memoria sia un Paese con un futuro. E la risposta non è difficile da trovare.