La memoria collettiva, quando si parla di bomba atomica e di ingresso nell'era nucleare, corre subito agli 80mila morti di Hiroshima (6 agosto 1945). Spesso, tuttavia, si dimentica che lo sviluppo della bomba atomica, scopo finale del cosiddetto Progetto Manhattan,ebbe termine meno di un mese prima (16 luglio 1945) con un test nel deserto del New Mexico. Quel giorno, precisamente 73 anni fa, nel cuore di un deserto dal significativo nome Jornada del Muerto, il generale Leslie Groves e il fisico Robert Oppenheimer fecero issare su una torre d'acciaio dell'altezza di 30 metri una bomba al plutonio, attendendo poi col fiato sospeso, all'interno di un bunker distante quasi nove chilometri, gli effetti seguenti alla sua caduta.

Il distruttore di mondi

Quando la bomba esplode, negli Stati Uniti è tardo pomeriggio e in Italia, dove la guerra è da poco terminata, è notte fonda. Il mondo intero cambia in quel preciso istante, mentre un fungo atomico di 12 chilometri d'altezza si manifesta in quel remoto angolo del New Mexico. Sono pochi, pochissimi gli occhi che lo vedono: bisognerà attendere l'annientamento di Hiroshima perché l'umanità prenda coscienza del proprio nuovo, terribile prodotto. Robert Oppenheimer raccontò in seguito che l'umore del personale presente al test, inizialmente euforico per la perfetta riuscita dello stesso, divenne poi più cupo ed opprimente. In una intervista rilasciata tempo dopo, egli citò il poema sacro indù Bhagavad-Ghita, dicendo di essersi sentito come la Morte stessa, il Distruttore di Mondi.

Un'altro finale era possibile?

Certamente, alla luce di quello che oggi conosciamo di quella giornata, possiamo concludere che le cose potevano andare molto diversamente. Era divenuto chiarissimo, fin nei dettagli, dopo quel test, quali conseguenze avrebbe prodotto l'uso di un ordigno atomico su un'area abitata. Eppure, Hiroshima e Nagasaki testimoniarono al mondo quanto difficile sia per l'essere umano riconoscere ed accettare un qualsiasi tipo di limite.

Da allora, il mondo ha vissuto e continua a vivere sul filo sottilissimo del limite tra progresso scientifico-militare ed autodistruzione. Non possiamo sapere cosa avrebbe comportato l'annullamento, in seguito a quel test, del progetto Manhattan (a parte ovviamente il risparmio di decine di migliaia di vite umane ad Hiroshima e Nagasaki), ma sappiamo invece come quell'impresa titanica e tremenda abbia condannato il mondo intero, per tutto il tempo a venire, a confrontarsi con la possibilità (prima ritenuta assurda) di esser completamente distrutto per mano umana.