Decine di Libri promettono la felicità. Tutto sommato è un buon segno. Significa che, là fuori e da qualche parte, qualcuno l’ha conosciuta. Definire poi i caratteri di questo status così gettonato e inseguito dalla stragrande maggioranza delle persone, è tutt’altro discorso. Forse la felicità è, lasciando fuori i più lisi canoni legati a fattori economici et similia, quella inaugurata dal cantore di Recanati; come noto e secondo il suo punto di vista, il sabato pare più ‘felice’ della domenica. Per Leopardi il viaggio è più importante della meta.

Comunque sia, Claudia Venuti, nel suo libro “Io ti voglio felice” (New Book, pag. 144) in uscita il 15 aprile 2019, propone la sua versione di felicità.

Tema del romanzo

Senza grandi preamboli, la Venuti presenta la condizione che assegnerebbe la laurea di individuo in pace con l’universo alla sua protagonista, Mia, individuandola nella capacità di essere scrittrice riconosciuta. E se proprio non preferita da tutti, almeno da qualcuno. Si direbbe una felicità che viene a patti con la dura realtà. Ma, per l’appunto, questa è la versione della romanziera di “Io ti voglio felice”. Niente vieta che si possa essere di un altro parere, tipo ‘o tutto o niente’. Gli strumenti concettuali per apprendere la teoria che Mia mette in atto nella sua esistenza che scorre fra le pagine del libro, sono tutto sommato legati al buon senso.

Così, la protagonista, prova a estrapolare dalle sconfitte i lati più costruttivi. Né si da per vinta, abbandonando il progetto nel quale crede da sempre; è incrollabilmente convinta che, anche a costo di scontrarsi con ripetute delusioni, si debba sempre avere fede.

Il compromesso

Va segnalato che l’apparente ‘accontentarsi’ della ragazza che si aggira fra le parole che la scrittrice sciorina sul bianco della carta, è sostanzialmente un escamotage per raggiungere un ‘luogo’ che altrimenti resisterebbe con suoi bastioni invalicabili.

Il fatto che ognuno abbia una mappa personale e precisa di tutto quello che reputi importante, non dà, purtroppo, anche la soluzione precisa per ottenerlo. Senza l’invenzione e la malleabilità, il coacervo eterogeneo che renderebbe veramente degna di essere vissuta la propria esistenza, resterebbe sempre fuori portata. Che fare quindi per assicurarsi se non tutto, almeno un parziale avvicinamento all’agognato target finale?

Magari, più che battersi per avere ragione, nella vita, varrebbe la pena combattere per essere felici e sprecare energia e tempo per eventi più realistici. A volte è difficile far coesistere ragione e serenità. Quindi, spazio al buon senso, utile per archiviare gli errori, ma non le proprie speranze.