E' in corso in questi giorni, nel prestigioso hotel St.Regis a Roma, la mostra di Arte contemporanea di due artisti africani: complessivamente 18 opere, tra le più belle del fotografo Michael Tsegaye e del pittore Dawit Abebe.

Due artisti etiopi di Addis Abeba di rilevanza internazionale, fortemente voluti dall’Art Foundation di Monica Cembrola, con l’obiettivo di mostrare i cambiamenti e le contraddizioni in atto nel continente africano. Nel 2019 i prezzi dell’arte del "continente nero" sono decuplicati, almeno secondo la Sotheby’s, una delle più importanti case di aste internazionale.

La mostra dei due artisti etiopi è stata inaugurata negli spazi rinnovati della maestosa lobby e nella sala del Borromini dell'hotel St. Regis, tra finger food e calici di champagne, giovedì 24 ottobre e resterà aperta fino al 3 novembre.

Una nuova era per l'arte contemporanea africana

Due artisti a confronto, un pittore e un fotografo, entrambi di Addis Abeba, una metropoli moderna e complessa. Il pittore Dawit Abebe (classe 1978) e il fotografo Michael Tsegaye (classe 1975), mettono in primo piano la trasformazione del mondo africano con tutte le sue incoerenze.

Il primo lo fa con una serie di quadri giganti dai corpi scarni che voltano le spalle allo spettatore e al mondo, i quali, emergono imponenti sopra le città.

I fisici contorti rammentano il disagio dei lavori del pittore espressionista Egon Schiele di inizio Novecento. Come nell’artista viennese, sono evidenti i segni di una sofferenza legata però ai nuovi disagi sociali, politici, storici ed alla relazione tra l’uomo e la tecnologia.

Non sono da meno le foto, per la maggior parte in bianco e nero, di Tsegaye, relative ai quartieri e alle donne etiopi.

Scatti fotografici avvolti da una luce morbida e delicata, ma brucianti di verità come il neorealismo italiano. La notte avvolge il market di Addis Abeba, i suoi tetti di cartone e metallo, intorno ormai poche persone, le auto caricano le merci, dalla foto trasuda il trambusto degli ultimi movimenti di una giornata piena. In un’altra immagine un piccolo camion, color panna, in moto alza una nuvola di polvere, ricordando l’esodo biblico alla ricerca di un futuro migliore.

La piazza principale di Addis Abeba, luogo di grandi eventi religiosi e politici, viene colta in un momento di pausa, in lontananza sagome di macchine e uomini. Al centro c'è l’orizzonte: l’aria come ha un suo colore – sosteneva Leonardo da Vinci - e si frappone fra l’osservatore e l’oggetto, i contorni appaiono meno netti ma mettono in evidenza i protagonisti principali. Ma sono le donne le vere protagoniste dell’arte di Tsegaye. Una giovane ragazza dagli occhi malinconici, neri come la pece e la pelle di ebano, ha dietro le spalle giacigli di fortuna, altre donne smaliziate, sdraiate fumano, nel volto i segni di chi conosce la vita. Un filo di speranza si intravede nella giovane dal mantello bianco.

Sorride e colpita dalla luce, si gira di tre quarti verso lo spettatore e lo invita nel suo mondo agreste.

“Nasco come pittore – ci racconta, l’artista Michael Tsegaye - ma ho smesso a causa di un’allergia per la pittura ad olio, oggi mi esprimo con la fotografia. Ho vissuto nei sobborghi di Addis Abeba nelle case delle lucciole, la loro vita ha influenzato le mie foto. Come avviene nelle grandi metropoli ci sono sacche di povertà e le donne oggi usano droghe e vendono il proprio corpo”.

Un nuovo periodo pare essere dunque iniziato per l’arte africana, che negli ultimi anni sta conquistando il cuore e la mente dei collezionisti internazionali e, di pari passo, il valore delle vendite delle opere è aumentato esponenzialmente.