In Calabria, a Rende nell'area urbana di Cosenza, davanti al Palazzo comunale approda il "Terzo Paradiso" di Michelangelo Pistoletto. Più che un'opera d'Arte si tratta di un simbolo, un'icona che ha viaggiato dalla piramide in vetro del Louvre all'Arena di Verona, da Assisi a Courmayer. E' un sentimento di piena appartenenza e condivisione diventato decisivo per Michelangelo Pistoletto, quasi che ne riassumesse per intero la carriera e la propria identità. Per “Terzo Paradiso" si intende la fine del secondo paradiso, una realtà fittizia che è quella del mondo odierno, successiva a quella del paradiso naturale, mentre si aspira a una terza fase dell'umanità.
Una dimensione capace di creare un equilibrio tra la natura e ciò che è il risultato dell'ingegno umano.
Il "Terzo Paradiso" di Michelangelo Pistoletto
"Il simbolo del Terzo Paradiso - spiega Roberto Bilotti - plasma il concetto dell’infinito che prende origine dai postulati matematici. Un'istallazione costituita da due cerchi opposti che si uniscono nel cerchio centrale che intende raffigurare la rinascita. Un concetto che vuole proporre l'arte su un piano sociale, offrendosi alla collettività. Nasce da una linea che incrociandosi due volte crea tre cerchi. I due cerchi esterni rappresentano le differenze, le contrapposizioni (opposizioni), al centro le connessioni. L'obiettivo sotteso è far connettere le contrapposizioni in modo creativo in un collante di cultura, simbolo di pace e di equilibrio".
Michelangelo Pistoletto a Roma
Michelangelo Pistoletto è anche noto per l'opera "Quadri specchianti" del 1961 e 62 sperimentazioni tese a raggiungere il massimo grado dell'oggettività che ha visto manifestarsi nei quadri a fondo nero, con l'utilizzo di acciaio lucidato a specchio che garantisce la migliore specularità della figura ritratta.
Diverse di queste opere sono state esposte nel 2009 al Museo Bilotti di Villa Borghese a Roma con la mostra: “Speculazioni d’ artista. Quattro generazioni allo specchio” Lo specchio in tutte le sue declinazioni, simbolo rivelatore di verità e di inganni, oggetto rituale e sacro fin dalle origini della civiltà, in oriente come in occidente.
Lo specchio magico in cui leggere il presente, il passato e il futuro, è usato anche da negromanti e sciamani e dagli anni ’60 entra in gioco artistico con Marcel Duchamp in “Grande Vetro” del 1915.
La collezione Bilotti
Tra le opere in collezione Bilotti, anche tre straordinari abiti di Pistoletto che sono stati donati al Comune di Rende nel Museo di Arte Contemporanea nel castello. Si tratta del Mantello bianco simbolo del Terzo Paradiso con il simbolo realizzato con la cucitura di vecchi bottoni come elemento di unione e divisione, i poli opposti del maschile e del femminile aderente al concetto di rinascita alla base della sua poetica. A questo si aggiunge l'abito simbolo del Terzo Paradiso a campo pieno con stracci colorati recuperati da materiale di riciclo.
Infine si trova nel castello rendese l'abito icona del Terzo Paradiso con stoffa tubolare anche questi ottenuto da tessuti riusati, come gli scarti di marmo portati oggi a Rende a costituire l'opera secondo la poetica dell'Arte Povera degli anni Sessanta.
L'arte povera degli anni Sessanta
Il movimento è nato in polemica con l'arte tradizionale, della quale rifiuta tecniche e supporti per fare ricorso, appunto, a materiali "poveri" con l'intento di evocare le strutture originarie del linguaggio della società contemporanea dopo averne corroso abitudini e conformismi semantici. Si manifesta essenzialmente "nel ridurre ai minimi termini, nell'impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi". Un'altra caratteristica del lavoro degli artisti del movimento è il ricorso alla forma dell'installazione, come luogo della relazione tra opera e ambiente che oggi vive a Rende.