Il gatto è sicuramente l’animale più caratteristico, misterioso e imprevedibile con cui abbiamo a che fare tutti i giorni. I numeri parlano chiaro: tramite il Rapporto Italia 2017 Eurispes sappiamo che gli italiani amano ospitare nelle loro case uno o più felini, secondi in ordine di diffusione solo al cane. Ma, mentre quest’ultimo si può definire il miglior amico dell’uomo, del gatto si può dire altrettanto?

I gatti quando hanno fatto la loro comparsa accanto all’uomo?

Probabilmente l’antenato del gatto è da individuare addirittura 50 milioni di anni fa ma è “solo” nell’Antico Egitto che il felino irrompe nella vita dell’uomo.

È, dunque, nel III millennio a.C. che l’animale diventa domestico.Se guardiamo il nostro gatto, come si comporta e come si muove, capiamo molto bene perché gli Egiziani lo consideravano incarnazione di divinità. I grandi sacerdoti cercavano di estrapolare da esso messaggi divini e profezie. Non solo, ma sappiamo che al gatto era inoltre riservata una sepoltura speciale.

Come mai il gatto è così presente nella mitologia?

Il comportamento degli antichi egizi ha fatto sì che il gatto entrasse nella religione e nella mitologia. Infatti, ad esempio, la dea egizia Bastet aveva sembianze feline, perciò adorare e venerare la dea nel tempio a lei dedicato significava adorare e venerare di conseguenza anche l’animale.

Le sue qualità in poco tempo si diffusero anche in altre regioni del mondo grazie ai traffici commerciali. Il gatto è carino, si può addomesticare, è pulito, è agile nel cacciare piccole prede. Proprio per questo, i Greci lo presero con loro nelle navi. Erano convinti che il piccolo cacciatore potesse tenere libera la nave dai topi, meglio di come facevano donnole e puzzole, usate fino a quel momento.

Entrò perciò anche nella mitologia, nell’arte e nella letteratura. Sofocle si chiedeva se il gatto potesse crescere sino a diventare un leopardo e lo stesso Esopo lo inserì nelle sue favole, anche se lo descriveva con caratteristiche negative. In questo modo i Greci aiutarono a diffondere il carattere e le credenze sui piccoli mici ai Romani e poi in Francia, in Inghilterra, in Giappone e così l’Europa e l’Asia avevano un simbolo positivo da aggiungere alle proprie storie, oltre che un animale utile nelle campagne e di compagnia nelle case.

Perché il gatto è considerato simbolo di stregoneria e di sfortuna?

Così come l’uomo, anche il nostro amico peloso ha dovuto fare i conti con il tanto oscuro e misterioso Medioevo. Continuava ad essere utile per cacciare i topi, portatori di epidemie, ma l’uomo ha iniziato a vederlo come servo e personificazione del diavolo. I gatti neri soprattutto furono incolpati di essere collegati in qualche modo alla stregoneria. Iniziarono delle vere e proprie persecuzioni nei confronti del felino, tanto che l’Inquisizione condannava al rogo i gatti insieme a streghe ed eretici. Si sono diffuse delle pratiche orribili come bruciarli,squartarli e ucciderli nei modi più violenti che la mente umana fosse in grado di immaginare.

A volte questo era anche espressione di disagi sociali, come spiega Robert Darnton in un saggio intitolato “Operai in rivolta: il grande massacro di Rue Saint-Sévérin” contenuto nel libro Il grande massacro dei gatti e altri episodi della storia culturale francese, Milano, Adelphi, 1988. Da tutto ciò, ancora oggi, circolano detti popolari improbabili.

Qual è il suo ruolo oggi?

Bisogna attendere la fine dell’Ottocento per rivedere affetto e considerazione nei riguardi dei gatti. La diffusione della cultura e del benessere portò l’uomo a riprenderli con sé. Durante le guerre del Novecento il gatto era presente accanto all’uomo in trincea e figurava nei volantini e nelle riviste come mascotte dei combattenti.

Oggi, ci basta aprire Facebook, Instagram o YouTube per essere invasi da centinaia, migliaia di foto e video di mici divertenti, buffi, singolari, dolci, e anche aggressivi. C’è chi li ha sempre odiati e se ne tiene bene alla larga e chi li ama alla follia.

Voi da che parte state?