Velocità, arte violenta e ‘guerra come sola igiene del mondo’: basterebbero questi tre concetti a decretare il movimento artistico-culturale del futurismo come il precursore per eccellenza della nostra attuale epoca. Le tecnologie vanno di pari passo coi nostri movimenti, ce le portiamo dietro in ogni momento e sono funzionali per ogni occasione, mentre ogni giorno sembra che possa scoppiare un conflitto o una crisi in qualunque parte del mondo, che sia una lotta di quartiere o una grande battaglia tra nazioni. Ma entrando nel dettaglio, si capisce che non c’è soltanto questo.
Marinetti e le città in movimento
Filippo Tommaso Marinetti si esprimeva con onomatopee per dichiararsi profeta di un movimento che, di nome e de facto, accennava al progresso e alla velocità. Le opere d’arte, una su tutte ‘La città che sale’ di Umberto Boccioni, rappresentano le figure in tutte le dimensioni possibili, immortalando un momento di pura foga. Il dinamismo, infatti, è parte integrante in ogni forma d’espressione del Futurismo: musica, architettura, danza, fotografia, letteratura, cinema, persino gastronomia. Assemblare insieme più forme per poter stare al passo coi tempi era diventata un’ossessione. Gli artisti, del resto, erano consapevoli del fatto che il secolo del ‘900 avrebbe portavo grandi cambiamenti, e alcuni erano già in atto: l’uomo ora poteva spostarsi velocemente con l’automobile, e poteva persino volare.
Sfidare le leggi della natura e rompere qualsiasi schema logico: questo fu tra i principali stimoli che portò il Futurismo a crescere e svilupparsi. Ed è in questo senso che si accosta alla nostra società, che nella confusione generale assiste a svolte epocali prima d’ora mai ipotizzate: poter comunicare in un secondo a distanze assiderali, con satelliti che rimbalzano il segnale al di fuori dell’atmosfera terrestre, è qualcosa che fa venire la pelle d’oca solo a pensarci.
E più il mondo è veloce, più nascono e si diffondono idee e prodotti di vario genere, non dando agli esseri umani la possibilità di respirare. Per questo motivo, il movimento del Futurismo si tramuta nello scambio digitale e le onomatopee del famoso ‘Zang Tumb Tumb’ diventano emoji che esprimono, con un semplice simbolo, concetti che richiedono tempo e spazio per poter essere espressi.
Un nuovo nazionalismo?
Un aspetto ulteriore da considerare è anche quello spirito nazionalista a cui il Futurismo non ha mai voluto rinunciare. Ma qui, la similitudine è molto più facile a causa dell’imperante globalizzazione che lede i confini delle nazioni e agevola negli esseri umani la visione di un mondo più unito. Come tutti i grandi fenomeni fisici, da uno stato all’altro il passaggio avviene in maniera turbolenta. Gli elettroni, dunque le persone, si agitano proprio nel mentre ed è questo a generare moti, fazioni, gruppi politici di ogni sorta. Immigrazione, espansione economica, politiche internazionali: tutti fattori che rimbalzano su svariate e future possibilità di evoluzione e ritornano al punto d’origine, generando un moto nazionalista in ciascun paese.
Non è un caso che nella società tecnologica dei nostri giorni, anche se può sembrare un ossimoro, si assiste a un aumento di forze politiche che tendono a voler affermare l’identità e la potenza delle rispettive nazioni cui appartengono. Così come non fu un caso che davanti a cambiamenti che potevano collegare tra loro le persone nel mondo, come l’aereo o l’automobile, il Futurismo si concentrò a evitare le contaminazioni linguistiche (la parola ‘sandwich’, per esempio, divenne ‘tramezzino’) e a rivendicare l’identità di un popolo, cavalcando un’onda di bollenti spiriti che si sarebbe sedata soltanto dopo ben due Guerre Mondiali. Nella speranza, ovviamente, che oggi non ce ne vogliano altre due per recepire quel messaggio.