Si intitola 'Social network, Skype, nuovi media nelle relazioni familiari' è un saggio scritto dalla giurista Alessandra Gatto ed edito a settembre dalla casa editrice Giuffrè (nella collana dedicata a teoria e pratica del diritto civile e processo) e soprattutto rappresenta una guida alle possibili conseguenze legali dell'infedeltà coniugale praticata tramite web e social network. Ma fornisce anche una guida per l'utilizzo dei social in presenza di minori, sia quando il matrimonio regge sia quando è ormai andato in frantumi.
Ecco una breve sintesi per sapere quando i social possono configurare un tradimento e cosa si rischia in quel caso.
Email e messaggi possono essere una prova di tradimento anche in sede legale, perché il loro contenuto può attestare un venire meno all'obbligo di fedeltà che il matrimonio comporta per legge. Perché possa essere contestato il mancato rispetto dell'obbligo d fedeltà non occorre che lo scambio di messaggi conduca a un appuntamento faccia a faccia: uno scambio prolungato di messaggi attesta infatti la sussistenza di una relazione, seppur soltanto virtuale e non fisica e carnale, che vale già come mancata fedeltà.
Che poi tale continuo scambio di messaggi e nulla più possa essere motivo per addebitare una separazione a chi nella coppia ha inviato quegli stessi messaggi non è automatico, ma il giudice può valutare quello scambio sufficientemente grave da addebitare appunto la separazione o il divorzio a chi, nella coppia, ha continuato a chattare con un altro identico interlocutore, a meno che il flirt online non abbia avuto inizio quando il rapporto matrimoniale era già in crisi (perché in questo caso, appunto, la coppia non è scoppiata per via del flirt online, che è invece una conseguenza di tale avvenimento).
La sentenza 8929 emessa dalla Corte di Cassazione nel 2013 ha riconosciuto che anche un rapporto svoltosi esclusivamente tramite una chat o un social network è elemento idoneo per presentarsi in tribunale e chiedere la risoluzione del rapporto coniugale. Ed ecco invece cosa tenere presente, per non violare la legge, in tema di social network e minorenni in famiglia.
I genitori sono anzitutto responsabili civilmente (quindi tenuti a pagare eventuali danni) per atti di bullismo che i propri figli minorenni abbiano compiuto tramite social network e tecnologie varie, perché in questi casi la condotta dei figli minorenni viene ritenuta conseguenza di una scarsa vigilanza dei genitori stessi e di una scarsa capacità di educare i figli (in sede di valutazione della colpa dei genitori, influisce molto anche la valutazione da parte del giudice del clima di concordia familiare o meno in cui i figli sono cresciuti).
Di contro, social media, webcam e via dicendo sono riconosciuti in sede giudiziaria come una modalità attraverso le quali un genitore può mantenere il rapporto con i propri figli anche quando, per qualsiasi motivo, non gli sia possibile essergli fisicamente vicino. In ogni caso comunque (e tipicamente nel caso di separazione e divorzio, con figli affidati a uno solo dei genitori), la frequentazione online non può mai sostituire, secondo i giudici, gli incontri offline che ciascun genitore ha diritto di avere coi propri figli anche in caso di rottura insanabile e consumata con l'altro genitore (cui quei figli siano stati lasciati in affidamento in sede di separazione/divorzio).