Così scrisse Victor Hugo riferendosi a quello che è definito da psicologi ed esperti il cambiamento più complesso della vita di un essere umano. L’adolescenza infatti pone un cambiamento radicale che coinvolge tutti i livelli di una persona da quello fisico a quello psicofisico. Infatti l’adolescenza inizia con uno sviluppo puberale in cui i ragazzi e ragazze iniziano a maturare i caratteri sessuali lasciando al proprio corpo la possibilità di “poter parlare”. Non solo, iniziano a svilupparsi i caratteri sessuali secondari, sia nei maschi che nelle femmine e se ne deduce che lo schema corporeo non è più adeguato come prima.
L’aumento della statura e quello del peso li rendono goffi spesso accompagnati da movimenti impacciati. E’ come se si trovassero in un corpo estraneo: la preoccupazione fondamentale è quella di essere normali. Tutte queste trasformazioni sconvolgono gli equilibri che si erano raggiunti durante l’infanzia e vanno ad intaccare, inoltre, la stabilità psichica dell’adolescente.
Il percorso per definire l’identità è lungo e tortuoso e i ragazzi cercano in continuazione di imitare gli altri, si identificano nei coetanei ma allo stesso tempo si muovono per cercare le loro identità, uniche ed irripetibili. Il gruppo dei pari diventa una prima famiglia mentre i genitori diventano i primi nemici da contrastare perché vengono visti come minacce ed entità costrittive.
Ma in tutte le parti del mondo è così? In Occidente è molto forte la drammaticità che accompagna questa fase: ma siamo sicuri che sia un passaggio obbligato o una conseguenza della nostra cultura? La risposta alla nostra domanda la troviamo nei lavori dell’antropologa statunitense Margaret Mead. Essa nacque a Filadelfia nel 1901 e studiò all’Università di Bernarda a New York ove si laureò in filosofia.
E’ stata una delle prime antropologhe che compì osservazioni naturalistiche a contatto diretto con la popolazione che intendeva studiare. In particolare, nel nostro interesse, ci focalizziamo sulla popolazione delle isole di Tau nell’arcipelago Manuà in Samoa. Nello specifico, l’antropologa si soffermò sugli adolescenti di quella popolazione, interessata a capire se la crisi tipica dell’adolescenza fosse causata dal cambiamento biologico e/o dall’influenza dell’ambiente.
Per condurre il suo studio iniziò ad osservare i bambini più piccoli notando che vengono allattati fino ad un'età che varia dai due ai tre anni e una volta svezzati vengono affidati alle cure della bambinaia della famiglia fino agli otto anni. A Samoa il compleanno non ha nessuna importanza, ciò che conta non è l’età assoluta ma relativa, affinché i grandi possano comandare sui più piccoli. Tra genitori e figli non esiste un legame esclusivo, infatti, i ragazzi volentieri soggiornano in casa di vari parenti sempre appartenenti allo stesso rango, ma, una volta raggiunta una certa età, le persone del sesso opposto non possono sedersi vicino, abbracciarsi e toccarsi. L’adolescenza si raggiunge intorno ai sedici o diciassette anni e i giovani, con l’aiuto di un parente fidato, si uniscono subito in matrimonio, ovviamente combinato per ragioni economiche: a Samoa non esiste l’idea del matrimonio romantico.
Questo periodo coincide con l’adolescenza del mondo occidentale e Margaret Mead ha notato che non è caratterizzata né da crisi né ne periodi di tensione: è percepita come sviluppo di interessi diversi in età diverse. Anche se si dà molta importanza alla sessualità, il passaggio dall’infanzia al mondo adulto è semplice, senza leggi, il che implica l’assenza di conflitti psichici e contraddittori. Solo in alcuni casi il periodo adolescenziale ha dato luogo a due tipi di conflitti diversi:
- Le ragazze che “deviano” verso l’alto: non si accontentano della loro condizione e decidono di istruirsi, fare carriera e avere relazioni con delle persone dello stesso sesso.
- Le ragazze che “deviano” verso il basso: le delinquenti, che entrano in conflitto con il gruppo perché non sanno rispettarne i valori
Margaret Mead, dunque, arrivò alla conclusione che, salvo in rare eccezioni, a Samoa l’età adolescenziale non dà origine ad alcun tipo di tensione.
Gli studiosi occidentali ritengono, al contrario, che i momenti di crisi sono causati da cambiamenti biologici a livello fisico mentre l’antropologa statunitense ha avuto la conferma che la biologia non dà il suo peso: tutto dipende dall’influenza dell’ambiente. La vita a Samoa è più semplice di quella occidentale, i bambini vengono informati su tutto già dalla prima infanzia, sui rischi e sui pericoli della vita e imparano a non attaccarsi emotivamente ed affettivamente ad un’unica persona, e questo è il motivo principale dell’assenza dei conflitti con i genitori, tipiche del mondo occidentalizzato. L’adolescenza è libera perché non vengono posti limiti, il ragazzo viene trattato come se fosse già un adulto a cui non vengono imposte l’ansia e la costrizione delle decisioni da prendere. Gli viene fatto vedere il mondo e le strade possibili da percorrere e ognuno ritiene quella che è più adatta per sé e per la propria vita.