Il 27 luglio 1986 i Queen tennero un concerto destinato a cambiare per sempre la storia: per la prima volta, dopo anni, una band occidentale sfondò la cortina di ferro, riuscendo ad esibirsi in una città del blocco comunista, a Budapest. Durante l'incerto periodo della guerra fredda, con l'Europa divisa in due blocchi (sovietico da una parte e a trazione USA dall'altra), era impensabile che una band potesse fare un tour che toccasse ogni parte del globo. La cortina di ferro divideva due mondi distanti tra loro anni luce, non solo geograficamente ma soprattutto ideologicamente.
Sì, i Rolling Stones si erano esibiti a Varsavia nel 1967, ma il concerto dei Queen fu un evento totalmente diverso per dimensioni, numeri, organizzazione, ma soprattutto per il significato: una rockband occidentale con un frontman dalla personalità estremamente forte come Freddie Mercury, nonchè dichiaratamente omosessuale, riuscì ad esibirsi nella chiusa e arretrata Unione Sovietica. Fu un evento dalla portata dirompente.
Perchè Budapest
Fu Freddie Mercury a voler a tutti i costi che la band si esibisse in un Paese dell'Est europeo: voleva stupire, misurarsi con un pubblico diverso, cosa che già aveva fatto nel 1981, con il tour in Sud America. Ma Freddie voleva di più. Già qualche anno prima di quel magico 1986 la rock band inglese aveva cercato di esibirsi in Urss, non ottenendo però i permessi necessari.
Emblematico quanto detto da Freddie Mercury nel 1985: "le autorità sovietiche pensavano che avremmo corrotto la gioventù, o qualcosa del genere". I permessi arrivarono poi nel 1986, in occasione del Magic Tour, la più imponente tournée dei Queen (e purtroppo ultima, prima della scomparsa di Freddie nel 1991). La scelta ricadde sull'Ungheria perché unico Paese sovietico in cui si era già iniziato a lavorare ad alcune timide riforme socio-economiche, garantendo così alla band un'accoglienza più morbida rispetto alla rigidità tipica dei Paesi comunisti.
Inoltre, dettaglio non da poco, in Ungheria esisteva già dal 1982 un fans club dei Queen, che, tra l'altro, potevano vantare di aver venduto un considerevole numero di dischi in tutta l'Europa dell'Est.
Il concerto
Le luci sul palcoscenico del Nepstadium di Budapest si accesero quindi il 27 luglio 1986. La scaletta era la stessa delle altre tappe del Magic Tour: i Queen irruppero sul palco sulle note di One Vision ed iniziarono ad esibirsi sulle note dei loro brani più amati: da Tie Your Mother Down a A Kind of Magic, da Under Pressure a I want to Break Free e poi Impromptu, Bohemian Rhapsody, Hammer To Fall, Radio Gaga, solo per citarne alcuni.
Più o meno a metà concerto poi, tra Love of My Life e Is This the World We Created...?, i Queen fecero un regalo ad un incredulo ed eccitato pubblico ungherese: eseguirono magistralmente il brano locale Tavaszi Szel Vizet Araszt. Non mancarono ovviamente le famosa improvvisazioni vocali di Freddie Mercury, durante le quali il frontman dei Queen duettava sempre con il pubblico, e l'inno nazionale inglese God Save the Queen, con cui la band chiudeva ogni suo concerto. Stavolta però fu diverso: l'inno nazionale di un Paese occidentale entrò, travolgente e irrefrenabile, in uno stadio comunista. Lo stesso Mercury si mostrò visibilmente emozionato, consapevole che quello che si era appena concluso non era stato un concerto come gli altri.
"Sapevamo che il concerto di Budapest sarebbe stato speciale, ma non immaginavamo che notte storica sarebbe stata" dichiararono, anni dopo, Roger Taylor e Brian May.
Grazie alla miriade di immagini e filmati raccolti dai cameramen che ripresero l'evento, l'anno dopo uscì in VHS "Hungarian Rhapsody: Queen Live in Budapest '86" (Varázslat - Queen Budapesten), documentario musicale contenente parte del concerto. Il film venne trasmesso poi nei cinema di tutto il mondo il 20 settembre 2012 (tranne in Italia in cui uscì in un'unica data, il 20 novembre) corretto, restaurato e rimasterizzato in alta definizione, per poi essere distribuito anche in DVD e Blu-ray, rendendo davvero indelebile quel concerto di luglio che cambiò la storia.