In un'era di farmaci biologici costosi, la dieta potrebbe migliorare lo stato clinico dei pazienti con lupus eritematoso sistemico (SLE). È quanto riportato dai ricercatori dell'Università di Medicina e Farmacia Carol Davila di Bucarest, in un lavoro pubblicato su "Experimental and Therapeutic Medicine".
Da un'analisi di studi clinici condotti su pazienti con SLE, è emerso che una dieta contenente un alto livello di acidi grassi polinsaturi omega 3 riduceva infiammazione, trigliceridi, colesterolo LDL e rischio cardiovascolare, mentre gli omega 6 peggioravano le condizioni infiammatorie.
Dato che il 40-50% dei soggetti affetti da SLE è risultato obeso e più propenso a soffrire la fatica, la restrizione calorica apportava benefici al sistema immunitario e diminuiva il livello di fatica; inoltre un minore apporto giornaliero di proteine, pari a 0.6 g/kg di peso corporeo (dieta ipoproteica), migliorava la funzione renale.
La dieta personalizzata nei pazienti con SLE viene, dunque, fortemente raccomandata per conservare l'omeostasi corporea, allungare il periodo di remissione dai sintomi, prevenire gli effetti indesiderati dei farmaci e favorire il benessere fisico e mentale. Evita, infine, le comorbilità (diabete mellito, sindrome metabolica, dislipidemia e obesità) che promuovono il rischio cardiovascolare.
SLE
È il prototipo di malattia autoimmune ad eziologia sconosciuta che coinvolge fattori di rischio genetici, epigenetici e ambientali. La patogenesi della SLE dev'essere ancora esplorata, ma si sta investigando sempre di più sull'impatto della dieta nello stimolare o alterare l'andamento della malattia.
Una dieta iperlipidica, infatti, tende ad aggravare le alterazioni del profilo lipidico (colesterolo e trigliceridi) causate dalla medicazione (corticoterapia cronica) o dalla malattia stessa.
Altre abitudini, come fumo di sigaretta e mancanza di esercizio fisico, vanno a peggiorare ulteriormente i sintomi della SLE.
Alimenti necessari
Gli studi clinici hanno dimostrato che una dieta ipocalorica con poco sale marino (meno di 3 gr al giorno), contenente quinoa e cereali grezzi (orzo e farro) invece di raffinati, sciroppo di riso, orzo e acero in sostituzione dello zucchero, oli ricchi di acidi grassi polinsaturi (omega 3) come krill, pesce, oliva, canola, semi di lino, primula, soia, pesce (salmone, sardine, aringa), limitava l'infiltrato infiammatorio nelle giunture, trigliceridi e colesterolo, regolava la proteinuria e la pressione sanguigna.
La pappa reale, ricca di aminoacidi e vitamine, si è rivelata un integratore adatto per i pazienti con la SLE, ad azione ipocolesterolemica, antinfiammatoria e immunoregolatrice.
Alcune vitamine influenzavano il corso della malattia: la deficienza di vitamina D si associava ad un peggioramento di sintomi, quindi era opportuno mantenerla a livelli normali con integrazione di 2000 UI al giorno; la vitamina E combinata con omega 3 da olio di pesce ridimensionava le citochine infiammatorie; la somministrazione di vitamina C (500 mg) e vitamina E (800 IU) inibiva infiammazione e complicazioni cardiovascolari, insieme ad alimenti ricchi di vitamina C (succo di arancia, mandarino, papaia e broccoli); il complesso vitaminico B ottenuto con carne rossa, fegato, pollo, salmone, sardine, nocciole, uova, banana e avocado, abbatteva trigliceridi e colesterolo.
La taurina - aminoacido disponibile in uova, carne e ostriche - regolava la risposta immunitaria e moderava lo stress ossidativo.
Tra le spezie la curcumina - polifenolo estratto da Curcuma longa - presentava effetti antinfiammatori, antiossidanti, antibatterici, ipoglicemici, ad una dose di 200-500 mg al giorno per 3 mesi.