Pare che il gioco del calcio sia nato in Italia o in Inghilterra. Una leggenda racconta però che Marco Polo, durante uno dei suoi viaggi in Asia, vide il gioco del kemari e si coinvolse a tal punto da farlo arrivare in patria, portando il calcio in Europa. Ma questa storia rimane, come detto, solo una leggenda.

Le origini del kemari

Il kemari, tanto amato dai giapponesi, ha resistito nei secoli riuscendo ad arrivare fino ai giorni nostri. Sulla sua nascita ci sono tante ipotesi. Si pensa che deriverebbe da un gioco cinese, il Cuju, ma diverse sembrano essere le storie sulle sue origini.

Certo è che nel periodo Heian (IV- XII secolo) si diffuse in tutto il Giappone. Si tratta di un gioco prettamente maschile praticato soprattutto negli ambienti di corte, infatti le partite erano seguite da dignitari e imperatori. Il campo da gioco era all'aperto, era quadrato e di 6-7 metri, delimitato da alberi ai quattro lati del campo: un ciliegio, un salice, un pino ed un acero. Gli alberi avevano una funzione molto importante durante le gare. Questo sport aveva delle volte anche un valore scaramantico utilizzato, ad esempio, per far cessare i periodi sfortunati.

Le divise del gioco

I giocatori durante le partite indossavano abiti di corte, solo nel IX secolo questi vennero sostituiti da indumenti più comodi.

La palla, "mari", era invece cucita con pelli di cervo ed era colma di chicchi di riso che gli davano una forma sferica . Il grado dell'atleta era molto importante, un ventaglio legato in vita indicava il rango del giocatore, maggiori erano le stecche del ventaglio più alto era il suo rango.

La partita del Kemari

Tre erano le fasi del gioco, le prime due fasi erano solo di preparazione.

All'inizio i giocatori si riscaldavano lanciando il pallone tra i rami degli alberi, in seguito mostravano le loro abilità al pubblico mentre la partita vera e propria iniziava solo nella terza fase. Il numero dei giocatori era di solito di otto, ma poteva essere anche di un minimo di due ed un massimo di 12. Gli atleti si passavano la palla con lo scopo di non farla cadere a terra.

La gara iniziava con il giocatore di rango più alto che lanciava il pallone al compagno di rango inferiore. Il pallone veniva fatto rimbalzare di solito tre volte: con il primo tocco si riceveva, poi si controllava ed infine si lanciava al compagno. I calci più facili erano chiamati "meashi", calci da donna , il "washi" era invece il calcio da uomo, più difficile da fare. Non si vinceva né si perdeva, ma il punteggio veniva assegnato raggiungendo il numero più alto di palleggi possibili ed il conteggio era tenuto da un arbitro. Quando i giocatori ricevevano la palla urlavano "Ooh", quando la controllavano "Ari" e al momento del passaggio del pallone accompagnavano il gesto con il grido "Ya".

Il gioco ai giorni nostri

Il periodo Heian fu il periodo più florido per queste competizioni, che in seguito si diffusero anche tra le classi militari. Ai giorni nostri si gioca solo in occasione di feste particolari come Capodanno o in eventi creati apposta come il Kemari Matsuri. Il calcio moderno si diffuse invece in Giappone nelle scuole tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo. Vantando già una lunga tradizione a livello mondiale, vide i giapponesi, ancora alle prime armi, sconfitti tante volte. Nel 1993 nacque la lega sportiva giapponese, conosciuta come J.League, che cominciò a formare i giocatori per la nazionale. Oggi il calcio in Giappone è al terzo posto come importanza, dopo baseball e sumo.