Uno dei personaggi più paradossali della storia dei Campionati del Mondo di Calcio è probabilmente il terzino zairese Joseph Ilunga Mwepu.

Ormai deceduto nel 2015, l'ex calciatore avrebbe compiuto 72 anni proprio pochi giorni fa, il 22 agosto.

La prodezza per cui egli passò alla storia del calcio non fu una spettacolare rovesciata alla Pelè, né un rigore battuto con un tocco smorzato alla Panenka, bensì una singolare punizione battuta al “contrario” durante la partita del girone iniziale dei Mondiali del 1974 che vide di fronte i campioni in carica del Brasile contro la nazionale dell'allora Zaire.

I Mondiali del 1974 e la punizione al contrario

La squadra africana si trovava in Germania a giocare il suo primo e ultimo Mondiale, dopo un’onorevole sconfitta all'esordio contro la Scozia per 2-0, venne travolta dalla Jugoslavia con un pesante 9-0, una delle sconfitte più significative di sempre della storia dei Mondiali. Al minuto 85 della gara contro il Brasile, con lo Zaire sotto per 3-0, viene fischiata punizione al limite dell’area a favore dei verdeoro. Si appresta a calciare Rivelino, specialista nelle punizioni dalla distanza con il suo potente sinistro.

All'improvviso dalla barriera schierata si stacca Mwepu, corre verso il pallone e lo scaglia il più lontano possibile, oltre il centro del campo.

Tutti i giocatori restano increduli, lo stadio ammutolito, il terzino si becca un cartellino giallo e le ironie dei giornali di tutto il mondo. Perchè mai avrà commesso questo gesto? In Africa non sanno giocare al calcio? La realtà è un'altra. Mwepu e la sua squadra conoscevano bene le regole del gioco.

Il maresciallo Mobutu

All'epoca, lo Zaire (successivamente diventato Repubblica democratica del Congo) era governata dal dittatore protagonista del colpo di stato del 1960, il maresciallo Mobutu Sese Seko, considerato uno dei più sanguinosi dittatori della storia dell’Africa. Mobutu vide nel calcio una vetrina, nonchè uno strumento di affermazione internazionale e promise ricche ricompense ai giocatori.

Dopo l’umiliante sconfitta contro la Jugoslavia, però, Mobutu organizzò una spedizione punitiva in Germania, nella quale i suoi uomini minacciarono i giocatori di non perdere per più di 3-0 nella terza e ultima partita, altrimenti non sarebbero tornati vivi in patria.

Nacque così il gesto di Mwepu, conseguenza del panico che stava vivendo il calciatore durante la partita con il Brasile, a un passo dal realizzare il temutissimo quarto gol. Solo nel 2002 in un’intervista alla BBC, ebbe il coraggio di raccontare la verità. “Eravamo già sul 3-0, ero nel panico e calciai il pallone il più lontano possibile. I brasiliani increduli ridevano, ma non capivano cosa io provassi in quel momento". Il Brasile non realizzò mai quella punizione e il risultato della partita rimase fermo sul 3-0.

Con quel gesto Mwepu volle semplicemente provare a salvare la sua vita e quella de suoi compagni, e ci riuscì passando alla storia. Fu questo il vero motivo del gesto: non un folle calcio di punizione, ma un tentativo disperato di salvarsi la vita.