Il tenore internazionalistico della festa della donna fa tutt'uno coi valori universali che essa incarna, nonché con la sua nobile e lunga storia. Questa storia e le vicende che hanno condotto alla celebrazione dell'8 marzo evidenziano subito infatti come questa festa non possa venire semplicemente liquidata come un'ipocrita concessione offerta dal presunto “sesso forte” maschile, ovvero quello dominante. Infatti, una tesi molto inflazionata è quella che attribuisce alla Festa della Donna una sorta di valore “compensatorio”, come se fosse nata per volere delle istituzioni per confermare indirettamente la supremazia dell'autorità maschile (“donna, ti sia concessa una giornata dedicata a te, ma ricorda sempre che chi comanda siamo noi”).
Questa tesi cinica in realtà trova evidenti smentite se ricostruiamo le tappe che hanno portato alla nascita di questa festività, il cui valore non è esclusivamente di “genere”, ma anche profondamente sociale: come ben spiega un nostro articolo dello scorso anno, le origini autentiche della festa infatti si incardinano all'interno delle vicende che hanno scandito la lotta di classe socialista nel XX secolo, e celebrarla in quest'ottica quest'anno che ricorre il centenario dalla Rivoluzione russa è quanto mai significativo.
La vera storia delle origini socialiste dell'8 marzo
L'8 marzo 1917 un nutrito gruppo di donne manifestò a San Pietroburgo per promuovere la fine della Prima guerra mondiale, una guerra imperialista che aveva ridotto alla fame l'intera popolazione civile e spopolato le città di mariti, figli e padri partiti per il fronte.
Questa data è ancora oggi riconosciuta come l'anniversario della rivoluzione di febbraio, primo episodio determinante per la Storia della rivoluzione comunista che si sarebbe attuata sul finire di quello stesso anno.
È interessante notare quindi come la festa delle donne si iscriva all'interno del processo di emancipazione sociale delle classi subalterne, dal momento che proprio in quegli anni in Europa come negli Stati Uniti i Partiti Socialisti tenevano fortemente alla causa femminile e allo stato di soggiogamento e sfruttamento che le donne subivano sia su un piano civile di non riconoscimento, sia su quello professionale.
La ridefinizione mitica: la donna-vittima
Particolarmente suggestivo, anche per comprendere come funzionino le tecniche di mistificazione delle quali si servono le strutture di dominio e l'immaginario collettivo, è ricostruire le modalità che hanno condotto alla creazione di un mito fuorviante che si è diffuso nel corso degli anni: da festa storicamente collegata alla causa di emancipazione socialista, la Festa delle Donne ha rappresentato l'anniversario di un presunto incendio che sarebbe avvenuto a Chicago nel 1908 e che avrebbe portato alla morte di centinaia di operaie.
Questa operazione di “ridefinizione mitica” del racconto è giustificata dal fatto che le autorità statunitensi, nel secondo dopoguerra, inquadrato il comunismo bolscevico come nemico pubblico assoluto e rischio da scongiurare, abbiano deciso di sganciare la celebrazione dalle sue reali ragioni (troppo vicine ai principi e ai valori socialisti) per sostituirle con una falsità storica che riproponesse un tono paternalista: le donne nella mistificazione del racconto americano e occidentale sono vittime che vanno compiante, mentre le donne che marciarono l'8 marzo del 1917 erano donne forti e coraggiose che col loro eroismo contribuirono alla caduta di un impero di stampo feudale, ancorato all'idea arcaica del dominio dell'uomo sulla donna.