Si torna a parlare, quasi a sorpresa di rating e, per quanto riguarda l'Italia, di declassamento: ma quanto può essere veritiero un rating?
Il rating esprime la probabilità che un soggetto che emette obbligazioni possa far fronte al debito nei confronti del creditore ed è fondamentale sia per la società emittente che per gli investitori: in base al rating deciso dalle agenzie preposte, la società emittente fissa il prezzo delle proprie obbligazioni e quindi riesce a collocarle nel migliore dei modi possibili. Per gli investitori, invece, il rating è la fonte primaria da cui deriva l'informazione più trasparente dell'obbligazione.
Sicuramente, pensano gli investitori, quel che sa un'agenzia di rating rispetto ad un determinato titolo emesso da una determinata società, è più dettagliato e quindi vicino alla verità di quanto un investitore comune possa sapere o analizzare.
Ottenere un rating positivo è plausibile per tutti i titoli emessi dall'azienda emittente. L' affidabilità di questo rating è però stata più volte messa in discussione e, addirittura, le agenzie di rating sono state accusate di conflitto di interessi.
Dagli anni '70 le agenzie di rating iniziarono a ricevere i compensi per le loro valutazioni non più dagli investitori che chiedevano loro aiuto ma dalle emittenti dei titoli. Questo avvenne per il semplice fatto che la valutazione poteva essere "copiata": succedeva ormai spesso che solo un investitore chiedesse la valutazione di una determinata società e poi "passasse" l'analisi effettuata dall'agenzia di rating anche ad altri investitori.
Dando il peso del pagamento all'emittente per quest'ultimo non cambiava assolutamente nulla in termini contabili: il costo veniva messo implicitamente nelle spalle degli investitori.
Un altro sostanziale cambiamento avvenne nel 1975, quando la SEC (ente di controllo USA, la nostra Consob), a causa di una crescente perdita di fiducia nei confronti delle valutazioni delle suddette agenzie, creò le NSRO ovvero le organizzazioni statistiche di rating nazionalmente riconosciute.
Per poter essere un'agenzia di rating diventava da allora necessario essere anche una NSRO e per diventarlo c'erano dei requisiti molto difficili da soddisfare. Iniziò la lotta di sopravvivenza tra le parecchie agenzie di valutazione che esistevano allora fino ad arrivare ad una condizione di oligopolio in cui solamente Standard & Poor's, Moody's e Fitch si contendevano il mercato (e se lo contendono tutt'ora).
Il conflitto di interessi venne reso ulteriormente acuto da una sorta di ricatto che le agenzie di rating impongono studiando aziende che non hanno richiesto il riconoscimento di un rating e pubblicando poi la valutazione. Questo avviene sottoforma di rating "non sollecitati" che molti vedono come una strategia per conquistare nuovi mercati grazie alla minaccia di esprimere una valutazione bassa in caso di mancata adesione dell'azienda valutata.
Un altro problema sempre rientrante nella categoria del conflitto di interessi sta nel tipo di consulenze chiamate "ancillari": in cambio di una tariffa addizionale (una tantum) oppure grazie all'acquisto o meno da parte dell'azienda emittente di determinati servizi che l'agenzia può offrire da parte dell'azienda emittente, la stessa agenzia può esercitare ottenere un ulteriore potere di ricatto. L' azienda emittente può infatti pensare di riuscire a migliorare la sua valutazione pagando di più l'agenzia di rating (e che, pagandola di meno, la valutazione possa, invece, peggiorare).