Con il Click Day del 1° Ottobre, il Governo ha messo in piatto l'assegnazione degli incentivi previsti dal piano per il lavoro firmato dal ministro Enrico Giovannini, per favorire l'assunzione di giovani con contratti a tempo indeterminato. E' stata prevista l'assegnazione di 794 milioni con cui il governo sovvenzionerà, nelle aziende che aumenteranno l'occupazione complessiva, l'assunzione di giovani disoccupati fino ai 29 anni , tramite un terzo della loro retribuzione, fino a un massimo di 650 euro/mese, per i primi 18 mesi di contratto, o per 12 mesi nel caso di trasformazione di contratti da tempo determinato a tempo indeterminato.

Nella giornata sono state inoltrate circa 7.000 domande, una al secondo nella prima ora.

Al successo del numero di adesioni, è seguito però il reclamo di molte aziende rimaste fuori dalle agevolazioni per via del malfunzionamento dei sistemi. Molte domande sono state infatti rigettate per via di irregolarità nell'applicazione informatica o criticità nella compilazione on line della modulistica. L'Ancl (Assciazione Nazionale dei Consulenti del Lavoro) ha annunciato la possibilità di intraprendere azioni legali.

Tale iniziativa è partita in concomitanza dell'allarmante picco di disoccupazione giovanile che, proprio nel mese di agosto ha superato la soglia del 40%, come certificato dall'ISTAT qualche giorno fa.

Il tasso di disoccupazione è il più noto indice che permette di analizzare l'andamento del livello di disoccupazione giovanile (e non) nel tempo, e indica il rapporto fra disoccupati e forze di lavoro. Questo tasso è cresciuto esponenzialmente a partire da 2008 e quindi in corrispondenza della crisi che, partendo dagli Stati Uniti, ha colpito duramente anche il nostro Paese.

Nell'analisi di questo indice bisogna però tenere in considerazione che le forze lavoro sono molto variabili da un paese all'altro in relazione alla popolazione, e sono particolarmente scarse in Italia.

Per questo motivo, per meglio analizzare la criticità della situazione occupazionale è bene tenere in considerazione anche altri indici, quali il rapporto fra disoccupati e popolazione della stessa fascia d'età e soprattutto un indice che sembra allarmare sempre più negli ultimi mesi, ovvero il NEET "Neither in Employment, nor in Education or Training", che da indicazione sulla percentuale di giovani che non sono ancora entrati nel mondo del lavoro ma non sono neanche più impegnati in alcuna attività formativa.

Questo indice è particolarmente importante perché dà indicazioni non solo sulla percentuale di disoccupazione giovanile ma sottolinea il livello di giovani demoralizzati e che non riescono né provano più ad integrarsi nella realtà sociale e lavorativa.

L'inattività risulta più frequente fra i giovani con un livello di istruzione più bassa, e la percentuale femminile di NEET (in particolar modo fra i giovani che non sono andati oltre la scuola dell'obbligo) risulta essere sostanzialmente più alta di quella maschile.

Il paradosso italiano è infatti che parallelamente ad un ingresso tardivo nel mercato lavorativo si ha un'uscita precoce dal sistema formativo. Infatti, pur avendo i giovani d'oggi un livello d'istruzione nettamente più alto di quello dei loro genitori, la percentuale di diplomati e laureati nel panorama italiano è ancora lontano da quello di altri Paesi europei come Germania e Inghilterra, solo per citare alcuni esempi.

Se si considera questo indice, l'Italia si trova al vertice, e quindi nelle posizioni peggiori, non solo nel periodo di crisi, ma anche ben prima dell'inizio della crisi stessa. La causa va ricondotta infatti a una politica che ha visto, nell'arco degli ultimi 20 anni, penalizzare sempre più i giovani e coloro che si affacciano al mondo del lavoro. Risultato di questa politica è stato infatti, non solo l'aumento del tasso di disoccupazione e del cosiddetto NEET, ma anche un aumento della quota di occupazione giovanile a tempo determinato rispetto a quello indeterminato, dei contratti a progetto, e un maggiore ricorso al part time; quote che risultano ancora più marcate fra la giovane popolazione femminile.

In sintesi, le condizioni contrattuali ed economiche dei giovani sono sostanzialmente peggiorate negli ultimi 20 anni.

I giovani del XXI secolo, pur in numero così basso rispetto alle aspettative degli anni '90, sono risultati comunque "troppi" per il mercato del lavoro. Pur essendo "rari" non sono stati considerati "preziosi" dal punto di vista occupazionale e remunerativo (fonte INFORMAIRES n. 41, MAGGIO 2012 – Giovani e Lavoro : la questione italiana). I giovani di oggi infatti, pur essendo inferiori in numero e più istruiti rispetto alla generazione precedente, hanno visto fallite le loro aspettative di migliorare la classe sociale di provenienza in virtù del più alto livello culturale e formativo.

L'augurio che possiamo farci è che iniziative come quella proposta dal ministro Giovannini e partita con il Click Day, non siano solo sporadici barlumi destinati a lasciare il tempo che trovano, ma siano invece il punto di partenza di una politica lungimirante, che sappia investire realmente sui giovani, facendone la vera forza motrice di questo Paese.